Per essersi posto ai propri elettori, quattro anni fa, come un presidente isolazionista, Donald Trump, nel corso del suo primo mandato, si è mosso non poco in ambito internazionale. Ultima, solo in ordine cronologico, la decisione di imporre ai propri alleati continentali la candidatura dello statunitense, di origini cubane, Mauricio Claver-Carone alla guida della Banca Interamericana di Sviluppo (Bid).
Dopo essersi assicurato lo svolgimento dell’elezione mentre è ancora alla guida della potenza nordamericana e aver scongiurato il rinvio al prossimo marzo, Trump ha infranto una legge non scritta che finora aveva visto alternarsi sempre uomini nati in un Paese latinoamericano alla guida della Bid. Seppur ispanico Claver-Carone è un avvocato di nazionalità statunitense già assessore e uomo di fiducia della Casa Bianca. Nemico giurato della Cuba castrista e del Venezuela bolivariano, di certo a partire dal 1° ottobre, data del suo insediamento, e per i prossimi cinque anni Claver-Carone modificherà l’indirizzo della Bid ponendolo al servizio della Dottrina Monroe.
A scongiurare la sua nomina non è bastata l’alleanza tra alcune nazioni latinoamericane e quelle europee aventi diritto di voto che sotto la spinta del presidente argentino Alberto Fernández avevano, inizialmente, avanzato la candidatura dell’albiceleste Gustavo Béliz. Dopo aver constatato il mancato appoggio da parte della maggioranza che era già corsa a convergere sul candidato a stelle e strisce, il blocco panlatino ha quindi optato per l’astensione criticando non poco la scelta di chi si è piegato agli interessi di Washington.
Dopo gli accordi sottoscritti dai Paesi arabi con Israele, l’elezione di Clever-Carone si pone come una nuova vittoria del magnate newyorkese che, in barba ai sondaggi, sembra deciso a tessere la tela delle relazioni internazionali dei prossimi anni ancor prima dell’esito elettorale del 3 novembre.