Pinocchio è frutto della fantasia, dell’ironia e della poetica di Carlo Lorenzini. Nel 1883 Collodi completa questo incredibile capolavoro della letteratura fantastica, apparso a puntate tra il 1881 ed il 1882. Nel 1983 è Sigfrido Bartolini (1932-2007), pittore, incisore e penna acuminata toscana il deus ex machina della monumentale edizione del centenario, auspice la Fondazione Nazionale Carlo Collodi, con una illuminante e dotta introduzione di Luigi Volpicelli.
È realizzata in grande formato, in due edizioni parallele, una tirata direttamente dalle 309 xilografie in bianco e nero ed a colori su raffinata carta a mano filigranata Magnani di Pescia, che saranno poi biffate perché non sia più possibile realizzare altri tomi originali. L’altra, in offset, in diecimila copie, del tutto simile alla prima, nel formato, nell’impaginazione e nella qualità della carta. Il primo, stampato dai legni di bosso originali, frutto di dodici anni di incredibili e sofferte fatiche di questo eccezionale peintre graveur, considerato un monumento editoriale da Giovanni Spadolini, ha ormai un valore bibliografico elevatissimo ed ha preso la via di alcune delle più blasonate biblioteche internazionali e di prestigiose raccolte private.
L’altra, quella in offset, va presto esaurita e viene ristampata in grande tiratura, ma in formato ridotto, nel 1996, auspice la provincia di Roma. Una terza edizione, sempre in formato ridotto, viene realizzata nel 2007, poco dopo la morte di Bartolini, a cura dell’editore Mauro Paglai di Firenze. Dal 1987 la Fondazione Nazionale Collodi ha realizzato ed allestito una mostra itinerante, che ha circolato ed è tuttora richiesta ed ospitata in tutta Europa ed anche al MoMA di New York. Questa rassegna, attraverso testi, disegni, schizzi preparatori, i 309 legni di bosso incisi, le prove di stampa e le varie e superbe edizioni del libro illustra in maniera artistica, critica e didattica l’intero percorso creativo di questo che può essere considerato il più straordinario libro illustrato della seconda metà del ventesimo secolo, come affermato nel 1991 dal Ministro francese dell’ Educazione Nazionale Jack Lang, all’inaugurazione di questa esposizione in Francia.
“L’idea pazza e stupenda” di Sigfrido Bartolini di illustrare il Pinocchio in dodici anni di duro lavoro, mentre insorgono i primi segni devastanti dell’attrite reumatoide sulle sue mani, è poeticamente raccontata dalla figlia Simonetta in un bel volume illustrato edito da Polistampa nel 2014, che delinea gli anni 1971-1983 del Pinocchio dal diario inedito del padre. Di questo artista pistoiese – uno dei più interessanti maestri della stampa d’arte, in tutte le sue declinazioni: xilografie in bianco e nero ed a colori, litografie, puntesecche, acquaforti ed acquatinte, tecniche miste – ma anche ironico e mordace giornalista e critico d’arte ricordiamo le molte edizioni del suo volume, edito da Polistampa nel 2002, con prefazione di Vittorio Feltri “La grande impostura. Fatti e misfatti dell’arte contemporanea” e la recente monografia in grande formato a colori, scritta da Edoardo Salvi “Sigfrido Bartolini incisore. Il privilegio del segno” edito da Polistampa nel 2017.
Fondamentali per l’attività complessiva dell’artista sono state le grandi antologiche “Sigfrido Bartolini Testimone del Suo Tempo” al Palazzo della Triennale di Milano dal 25 marzo al 30 aprile del 2000, con un poderoso catalogo critico edito da Mazzotta, con testi di Carlo Fabrizio Carli, Luigi Baldacci, Maurizia Tazartes ed un anno dopo la sua morte l’antologica di Palazzo Saracco ad Acqui Terme dal 29 giugno al 3 agosto 2008 “Sigfrido Bartolini ed il suo mondo: Soffici, Sironi, Carrà. La favola ed il paesaggio italiano”, curata da Elena Pontiggia, con saggi critici di Beatrice Buscaroli e Daniela Marceschi.
Amico di Sigfrido Bartolini, ma di circa 35 anni più anziano, è Mino Maccari (1898-1989),anche lui significativo pittore, incisore, scrittore e giornalista. Ideatore di Strapaese nel 1924, caporedattore della Stampa di Torino nel 1930 sotto la direzione di un altro geniale toscanaccio come Curzio Malaparte, è sopratutto con la frusta de “Il Selvaggio” che balza alla ribalta nazionale durante il fascismo, per approdare nel secondo dopoguerra al blasonato “Mondo” di Mario Pannunzio. E’ nell’arena di feroci battaglie giornalistiche, culturali, politiche ed artistiche del polemico foglio portavoce di Strapaese, dal 1924 alla soppressione del 1943, che Maccari unisce a testi sferzanti e corrosivi, eccezionali disegni originali, xilografie, linoleum suoi e di Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Ardengo Soffici, Luigi Bartolini, Amerigo Bartoli, Filippo De Pisis, Nicola Galante, Leo Longanesi, Orfeo Tamburi, Renato Guttuso, Italo Cremona, Mario Mafai e molti altri.
Come sottolineato da Carlo Ludovico Ragghianti in un bel volume del 1955, edito da Neri Pozza a Venezia sulla storia critica dell’intera parabola quasi ventennale del Selvaggio, in questa rivista Mino Maccari ed i suoi amici di Strapaese srotolano e brandiscono il loro sogno di un fascismo immaginario, rustico e garibaldino, incorrotto ed intrepido, veridico e giusto, intelligente e sereno, paternamente saggio ed insieme forte della forza della pura, intatta ideale giovinezza.
Dopo l’Antologica di Sigfrido Bartolini del 2008, Acqui Terme ospiterà, sempre a Palazzo Saracco nell’estate del 2009, curata da Marco Vallora con il titolo “I Maccari di Maccari” un’altra incredibile selezione di opere di Mino Maccari, corredata di un corposo catalogo di Mazzotta, con straordinari e rari pezzi, scelti in gran parte dalle collezioni proprie dell’artista e dei suoi più stretti familiari, amici e collaboratori, come il suo storico e personale stampatore Nemo Galleni.
Nella casa-museo ed archivio di Sigfrido Bartolini, in via di Bigiano e Castel dei Bovani 5 a Pistoia, riordinati di recente a cura della Sovraintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana e della Scuola Normale Superiore di Pisa, è depositato un ricco epistolario intercorso fra Mino Maccari, Italo Cremona ed anche Sigfrido Bartolini, tra gli anni ‘30 e la fine degli anni ‘70, con circa 1000 esemplari di corrispondenza e lettere, di fondamentale importanza per conoscere la storia culturale ed artistica di quel periodo, con illuminanti squarci di costume e malcostume, sopratutto di questo secondo dopoguerra.