Sono passati sessantuno anni dall’incredibile impresa realizzata dal batiscafo Trieste nelle profondità dell’Oceano Pacifico. Furono Jacques Piccard e Don Walsh ad addentrarsi nelle oscurità marine fino a raggiungere il Challenger Deep a 11 mila metri sotto il livello del mare. Sembra fantascienza, ma qui non c’è nulla di inventato. Scopriamo allora come andò questa avventura nel mondo marino.
Auguste Piccard, dalla stratosfera alle profondità marine
Il fisico e esploratore svizzero Auguste Piccard (1884-1962) non è solo conosciuto per il batiscafo Trieste. Infatti, egli fu il primo uomo al mondo, insieme a suo fratello gemello, a vedere la curvatura terrestre della stratosfera grazie all’invenzione di un pallone aerostatico.
Era il 1952, al cantiere San Marco di Trieste, facente parte della società italiana cantieri riuniti dell’Adriatico, quando si cominciò la costruzione del batiscafo Trieste. Il progetto, come già accennato, era dello scienziato svizzero Auguste Piccard. Il quale, sulla base anche delle sue scoperte precedenti, aveva progettato questa incredibile macchina capace di raggiungere profondità incredibili.
Com’era fatto il batiscafo Trieste?
Il batiscafo Trieste era composto essenzialmente da una camera e diversi galleggianti pieni di benzina. L’hanno scelta perché è meno densa dell’acqua ed è capace di resistere alla compressione anche a pressioni elevate. In questo modo il Trieste non era obbligato a essere legato alla nave, ma libero di muoversi autonomamente.
Un’altra parte importante che costituiva il batiscafo era una sfera di 13 tonnellate spessa oltre 12 centimetri. Era separata dal resto della struttura e la si poteva raggiungere attraverso un tunnel. A differenza dello scafo, costruito al cantiere San Marco, questa parte fu commissionata alla Società delle Fucine delle Acciaierie di Terni. Assemblarono il tutto nel cantiere navale di Castellammare di Stabia.
Dal varo all’immersione del 23 gennaio 1960
Il 26 agosto 1953 ci fu il varo del batiscafo Trieste e fino al 1958, quando fu venduto per 250 mila dollari agli Stati Uniti, fu sottoposto a numerose immersioni nel Mediterraneo. Arrivato in California, si ritenne necessario apportare alcune modifiche e miglioramenti allo scafo per renderlo più resistente ed efficiente, aggiungendo anche una nuova cabina per l’equipaggio.

Dopo due anni di lavoro e prove gli Stati Uniti si posero un nuovo obiettivo: raggiungere il punto più profondo della Fossa delle Marianne, conosciuto come il Challenger Deep. Ed è ciò che accadde il 23 gennaio 1960, quando a bordo del batiscafo Trieste Jacques Piccard, figlio dell’inventore, e Don Walsh arrivarono a 11 mila metri sotto il livello del mare.
Un’impresa a lieto fine
Nonostante l’oceano in subbuglio Jacques e Don Walsh non si fecero intimorire e diedero il via all’immersione. La velocità del batiscafo Trieste era di circa 1-2 metri al secondo, e man mano che andavano avanti la luce del sole diventava un ricordo. Erano ammaliati dalla varietà di specie marine mai viste prima, quando all’improvviso il rumore di uno scoppio li distrasse. Malgrado il momento di incertezza continuarono e dopo cinque ore e mezza il batiscafo Trieste toccò il punto più profondo della Fossa delle Marianne. Dopo circa 3 ore erano nuovamente in superficie.

Il 4 febbraio 1960 il presidente Eisenhower premiò Jacques Piccard e Don Walsh per la loro incredibile impresa, che fu eguagliata solo tre volte fino ad oggi. Due in assenza di equipaggio nel 1995 e nel 2003 e l’ultima realizzata dal regista James Cameron nel 2012.