Mica facile scrivere un “coccodrillo” per la morte di un grande attore come Bebel, Jean Paul Belmondo. Mica facile per un Olla qualunque preparare un servizio per la sua rubrica di disinformazione storica. E non per la grandezza dell’attore, ma per il suo pensiero, le sue posizioni. Troppo complesso? Macché, facile facile. Però troppo scomodo per i media italiani.
Era così facile con altri personaggi di origine italiana raccontare una verità di comodo, politicamente corretta. Avevano tutti almeno un nonno che, una volta, aveva imprecato perché “è andata via la luce” ma dopo il 25 aprile la frase era diventata eroica: “mandate via il Duce”.
Con Belmondo, nulla. Il padre di origine italiana ma fascista, epurato dopo la guerra, poi sostenitore dell’Algeria francese. Va beh, ma le colpe dei padri mica ricadono sui figli. Peccato che anche Jean Paul stesse dalla stessa parte. Andando anche a combattere per l’Algeria francese. Capita. Poi, però, sarà rinsavito. Neanche a parlarne. Un celiniano doc, Bebel, tanto per chiarire anche la posizione intellettuale. Non un’abiura, non un ripensamento.
Dunque non bisogna neppure accennare all’uomo al di là dell’attore. Tutt’al più la vita sentimentale ma per il resto censura assoluta. La stessa che avvolgerà i futuri coccodrilli per Delon e per Brigitte Bardot, icone sopravvissute all’annientamento della Francia. Tre irregolari – BB, Delon e Belmondo – simboli della Francia quando era la Francia, sconfitta in Indocina, alle prese con l’addio all’Algeria, in difficoltà economica eppure capace di essere un faro nel cinema, nella musica, nella letteratura.
Una Francia da dimenticare, oggi. Da censurare anche nei ricordi ipocriti per la morte di chi ha contribuito a farla grande.