Silvio Berlusconi, intervistato dal direttore de La Busiarda, Massimo Giannini, spara a zero su Salvini e Meloni. “Premier uno di loro due? Non scherziamo”. Poi, non ancora soddisfatto, stronca anche la classe dirigente del centrodestra, totalmente inadatta a guidare il Paese. E quando il sultano di Arcore capisce di averla fatta fuori dal vaso, probabilmente perché qualcuno si è arrabbiato, fa dichiarare che non c’è stata nessuna intervista. Giocando sull’equivoco: non era una intervista ma una conversazione. Ovviamente non cambia nulla per ciò che riguarda la gravità delle affermazioni.
Magari il vecchio leader ha pure ragione, o forse è solo il desiderio di tornare ad essere protagonista. Il leader della coalizione vuol farlo lui, anche se il suo partito ha ormai percentuali irrilevanti. Il premier vuol farlo lui, perché a 85 anni, ogni volta che lo dimettono dal San Raffaele si sente un ragazzino pronto a governare per una settimana in attesa del nuovo ricovero.
Però che a 85 anni non abbia ancora capito come funziona il mondo dei giornali, e che una conversazione con il direttore di un quotidiano possa trasformarsi in una intervista forse scorretta ma sicuramente scomoda, non depone certo per la sua lucidità.
Quanto al basso livello della classe dirigente del centrodestra, è difficile dar torto a Berlusconi. Già, ma chi ha scelto gli esponenti di Forza Italia? Se il massimo che può proporre è Brunetta, si capisce l’insoddisfazione per la qualità complessiva. Ma non è che tra gli alleati la situazione sia molto migliore. Se per le candidature nei grandi comuni si sono scelti personaggi individuati nella società civile, una ragione ci sarà. Persino quando i candidati civici sono semplicemente ridicoli. Una concorrenza al ribasso. Eppure le scuole di partito, le rare volte che vengono previste sono di una modestia imbarazzante, inutili passerelle di amici degli amici.
Quando si prova a formare le nuove leve, si punta esclusivamente sugli aspetti amministrativi, burocratici. Amministratori di un condominio chiamato città o Stato. Ma sempre amministratori, non politici, non statisti. Ed allora la scelta tra i partiti diventa un problema di competenze (o di minor incapacità), non di visioni del futuro, non di idee, di strategie, di modello di sviluppo.
Peccato, per il centrodestra, che come amministratori di condominio siano meno peggio gli avversari.