Archiviate le Olimpiadi cinesi, archiviato anche lo show da sbandieratori dei sindaci di Cortina e Milano, si può tranquillamente smettere di occuparsi dello sci e degli altri sport invernali per almeno altri tre anni, per poi risvegliarsi poco prima delle Olimpiadi del 2026. “La tv italiana, pubblica e privata, dedica pochissimo tempo e spazio a tutto ciò che riguarda la montagna, non solo agli aspetti sportivi ma anche al turismo alpino ed appenninico, all’economia ed alla cultura delle Terre Alte” sostiene Giuliano Besson, ex discesista della Valanga Azzurra ed ora industriale dell’abbigliamento sportivo ed imprenditore turistico in Val Susa.
“È sufficiente seguire la tv francese – prosegue – per rendersi conto dell’attenzione dedicata alla vita in montagna, ai ragazzi ed alle famiglie che la frequentano, agli atleti dello sci”. In Italia, invece, di sport invernali ci si occupa solo in occasione di Olimpiadi e Mondiali. Persino le Coppe del mondo delle diverse discipline sono trascurate. Eppure a Pechino le medaglie sono arrivate. Frutto, molto spesso, di splendide individualità più che di conseguenze di una adeguata organizzazione.
Nello sci alpino, però, le medaglie sono arrivate solo dalle ragazze mentre i maschi hanno ampiamente deluso. “A volte – commenta Besson – è anche una questione di sfortuna o di elementi non legati alla preparazione degli atleti. Nella libera delle Olimpiadi di Sapporo, nel 1972, all’intermedio a 20 secondi dal traguardo io avevo il secondo tempo e gli altri azzurri erano a pochi centesimi. Nella prima parte, ripida e tecnica, eravamo andati benissimo. Ma l’ultimo tratto era un falsopiano dove era fondamentale la sciolina. Purtroppo era stata sbagliata e ci siamo piazzati dall’undicesimo al quattordicesimo posto. Anche Paris, a Pechino, ha avuto sfortuna per le condizioni atmosferiche”.
Paris, però, non è giovanissimo. E neppure Innerhofer. Come si arriva alle Olimpiadi di Cortina con una squadra vincente o, almeno, competitiva? “Esiste un problema di visione da parte delle località sciistiche. Soprattutto nel Nord Ovest c’è pochissima disponibilità a concedere piste per far allenare gli atleti nelle discipline di velocità, Libera e Super G. Così il bacino di potenziali campioni è sempre estremamente ridotto. In Libera su 10 ragazzi che ci provano, arrivano alle gare che contano solo in 2. Anche per gli infortuni legati alla velocità. Nello slalom gli infortuni hanno minori conseguenze e su 10 possono arrivare a gareggiare in 7 o 8”.
Però anche negli slalom la squadra maschile ha deluso. Mentre le ragazze hanno ottenuto medaglie sia nelle discipline di velocità sia in quelle tecniche. “Ci possono essere anche problemi legati agli allenatori. Già nell’avvicinamento all’agonismo. Troppi allenatori sono, in realtà, dei maestri di sci che insegnano una sciata elegante ma che non è efficace in gara. A Pechino, ad esempio, mi è sembrato che gli azzurri sciassero troppo arretrati. Forse bisognerebbe correggere la posizione, spostando in avanti il baricentro. Noi, all’epoca della Valanga Azzurra, avevamo tecnici come Ponsatti, Thomas, Messner. Erano bravissimi, all’avanguardia. Lavoravano sul fisico, sulla mente, sui materiali”.
A proposito di allenatori, tra le ragazze c’è chi ha potuto averne uno personale ed altre che hanno avuto quelli della federazione. È giusto? “È giusto se i risultati premiano queste scelte. Ed i risultati sono arrivati. Ogni atleta è diverso, anche psicologicamente. C’è chi ha un carattere fortissimo, e non ha particolari necessità, e chi ha bisogno di essere coccolato, in un ambiente più tranquillo. La testa è importante. E questo spiega perché un atleta abbia una stagione eccezionale e, l’anno successivo, non ottenga risultati”.
Ora ci sono 4 anni per arrivare alle Olimpiadi di Cortina e Milano. Cosa bisogna fare perché siano un successo a livello di risultati nello sci? “Bisogna valutare quali atleti avranno voglia di fare sacrifici per altri 4 anni. E poi bisogna intervenire, subito, sui ragazzi che ora hanno 16/17 anni. Perché lo sci non finisce tra 4 anni e bisogna creare un ampio bacino di atleti che garantiscano il ricambio generazionale”.