Il Pensiero Unico Obbligatorio (PUO) ha vinto. Anzi, ha ri-vinto. O, se preferite, non ha mai smesso di perdere.
E ciò dipende non solo dal fatto che mantiene saldamente il controllo di tutti, o quasi, i mezzi di comunicazione, dai giornali alle televisioni.
La sua vittoria è dovuta all’efficacia dei messaggi. Si badi bene, non al contenuto o all’aderenza alla realtà delle affermazioni, bensì alle argomentazioni e al modo di presentarle. Volete alcuni esempi? Eccoli.
Il caso Bibbiano. La tecnica del PUO consiste nel silenzio. Cooperative senza scrupoli strappano i figli alle famiglie e, dopo aver fatto loro il lavaggio del cervello, li danno in adozione alle coppie gay con la complicità delle amministrazioni di sinistra? Scandaloso, direte voi! Vero. Ma per evitare lo scandalo basta tacere.
Altro esempio: rubli alla Lega. Non vi sembra paradossale che a denunciare lo scandalo sia il Pd, erede di quel PCI che sui soldi russi ha campato per decenni? Eppure se andate a chiedere a qualcuno di quel partito che cosa ne pensa vi risponderà con una frase fatta, sempre la stessa: “I casi sono diversi perché diversi sono i periodi storici e i contesti internazionali”. Bella frase, ma priva di significato. Sarebbe come dire che chi ruba oggi è un ladro ma non lo sarebbe stato cinquant’anni fa perché è cambiato il contesto sociale. E no: chi si prende la roba degli altri è un ladro oggi, come ieri, come ai tempi di Giulio Cesare! Ma ai cultori del PUO questo non interessa: a loro basta avere un luogo comune da utilizzare sui social o nelle chiacchiere del bar.
E ancora: Camilleri. È doveroso esprimere il nostro cordoglio per la scomparsa dello scrittore siciliano. Ma da qui a farlo diventare, come si è sentito e letto nei giorni scorsi, un “grande della letteratura”, uno dei “massimi scrittori del Novecento”, ne passa!
Il “papà di Montalbano” è stato messo sullo stesso piano di autori come Sciascia, Simenon e addirittura Pirandello. Ci si dimentica che Camilleri è uno che scriveva libri polizieschi sulla base dell’esperienza maturata nel comporre sceneggiature per le serie della RAITV d’antan.
Qualcuno ricorda ancora i telefilm del Tenente Sheridan con Ubaldo Lay? Erano o no una boiata pazzesca? Ebbene le sceneggiature erano sue. Poi è diventato un fenomeno di massa, tanto che ogni sua nuova uscita schizzava all’istante in cima alle classifiche di vendita, grazie alle comparsate in Tv, area Fazio e dintorni, alla serie di telefilm Il Commissario Montalbano (ancora di produzione RAI), nonché alle imitazioni di Fiorello.
Ma i suoi libri continuavano, continuano e continueranno a rimanere piuttosto indigesti e di difficile lettura da parte di chiunque non padroneggi il dialetto siciliano. Per il resto si tratta di opere dignitose, al pari di quelle dei tanti scrittori noir di casa nostra che, proprio perché non sono ossequiosi al PUO, non potranno mai godere del successo tributato a Camilleri da parte della critica pelosa e, di conseguenza, del pubblico dei lettori da ombrellone.
1 commento
L’invidia è una gran brutta cosa!