Il ministro degli Esteri Wang Yi, nella telefonata con la controparte russa Sergei Lavrov, ha ribadito che la Cina rispetta l’integrità e la sovranità di tutti i Paesi. Il ministro ritiene che “la questione Ucraina ha radici storiche complesse e speciali che fanno comprendere le legittime preoccupazioni della Russia sulla sicurezza”. Una scelta diplomatica dettata dal fatto che le sanzioni europee e occidentali spingeranno Mosca a guardare verso Pechino per l’afflusso di capitali.
Al contrario il clima di sfiducia attuale riduce le prospettive di investimenti cinesi in Russia, a oggi prevalentemente concentrati nelle infrastrutture energetiche e nell’immobiliare. Una Russia preoccupata dall’espansione verso Est dell’UE e della NATO, dalla quale si sente minacciata nella sua sicurezza nazionale. Ma mentre per raggiungere i propri obbiettivi la Cina avrebbe bisogno di pace, mercati stabili e commercio libero, la Russia, economicamente debole, avrebbe solo da guadagnare dall’aumento della tensione internazionale. Ciò che accomuna attualmente Russia e Cina, è la sfera di influenza intorno a sé, in contrasto con la politica e gli interessi degli Stati Uniti. Quindi è la comune opposizione all’egemonismo statunitense a rendere prioritaria la cooperazione bilaterale, nonostante l’operato russo. Potenze revisioniste in quanto sperano in una trasformazione dell’ordine internazionale per sottrarsi a una condizione di subalternità agli Stati Uniti.
Intanto è da sottolineare che nell’Europa dell’Est un tempo dominata dall’Urss, nei paesi baltici, persino in Ucraina e in Bielorussia cresce la penetrazione economica cinese. Dal canto suo la Russia non muove critiche all’alleato orientale. Ben vengano gli investimenti cinesi nel Paese. Ruotano tutte intorno a Bielorussia, Ucraina e Baltico, le mosse cinesi per potenziare le proprie rotte commerciali.
La crescita economica cinese, è iniziata nel 1978, l’anno in cui la Cina abbandona l’economia maoista, dando vita a una riforma e apertura pensata per introdurre i princìpi del mercato nei propri confini e quindi inserirsi il più rapidamente possibile nell’economia mondiale. Nel dicembre 2001 con l’adesione al Wto (World Trade Organization) la Cina entra a pieno titolo nel sistema economico globalizzato.
Lo sviluppo della Cina ha sempre fatto i conti con ostacoli geografici che rendono il suo già inefficiente modello economico difficile da riformare. Si cercano rapporti diplomatici con Putin per stravolgere l’ordine internazionale egemonizzato dagli Stati Uniti e dal modello politico e culturale dell’Occidente che appare ora meno solido di ciò che la presidenza Biden vorrebbe far credere al mondo. Il ridimensionamento del ruolo dell’Occidente nello scenario internazionale è determinato soprattutto dalla radicale contestazione del suo modello politico, da parte di Cina e Russia.
Così nell’ultimo decennio, il comune fronte anti-occidentale e una forte complementarietà economica hanno fatto sì che i due Paesi stringessero sempre più rapporti commerciali. Scambi mutualistici perché per la Russia, la Cina con le sue ingenti necessità di risorse energetiche, rappresenta un mercato enorme, in crescita e vicino, che le permette di sfidare l’Europa. Soprattutto nel settore energetico la cooperazione tra Russia e Cina si sta intensificando, seppur all’interno di una logica internazionale, che vede Mosca come fornitore energetico di Pechino. Allo stesso tempo, la Cina fornisce alla Russia beni manifatturieri e investimenti a prezzi competitivi.
La strategia cinese, è risultata vincente, dato che nel 2010, la Cina ha superato la Germania diventando il principale partner commerciale della Federazione russa. Ma è ancora l’Unione Europea nel suo insieme, purtroppo per Putin, ad essere il maggiore partner economico della Russia.
La costruzione del gasdotto Power of Siberia 2, che porterà il gas russo attraverso la Mongolia e fino a breve distanza dalla capitale cinese, è iniziata nel 2020 e porterà la Russia ad assumere una posizione prevalente nelle forniture di gas a Pechino, mercato in espansione a causa della transizione ecologica che intensificherà la domanda di gas nei prossimi anni. Mosca e Pechino non vogliono contestare le regole fondamentali dell’ordinamento internazionale, ma insieme vogliono essenzialmente ottenere maggior importanza al suo interno.