Dai media nostrani si è alzato un coro unanime di elogi al discorso che il neo presidente USA Joe Biden ha tenuto davanti ai duecento selezionati rappresentanti del Congresso in occasione dei suoi primi cento giorni alla Casa Bianca.
Per non doversi addentrare troppo nei contenuti del suo discorso, un accento particolare è stato messo sul fatto che “per la prima volta nella storia americana” dietro di lui sedevano due donne, vale a dire la vice Kamala Harris e la speaker Nancy Pelosi. Un fatto certamente nuovo ma che nulla toglie o aggiunge a quanto il presidente ha detto.
Già, perché dopo cento giorni ci si aspettava che l’uomo che ha – parole sue – “rimesso in marcia l’America, trasformando pericoli in possibilità, crisi in opportunità, battute d’arresto in forza”, ricordasse anche qualche provvedimento concreto a dimostrazione della veridicità di quanto affermava. E invece, a questo proposito, si è limitato a rivendicare il successo della campagna vaccinale che, per altro, era già iniziata prima che lui si insediasse.
D’altra parte non poteva mica vantarsi di aver inasprito i rapporti con la Russia riportandoli ad un clima da Guerra-Fredda, o dei bombardamenti sulla Siria ordinati dopo appena 37 giorni dal suo insediamento!
Per il resto si è limitato, in un ora e cinque minuti, a snocciolare il suo libro dei sogni, poco più di quanto aveva fatto nel corso della lunga ed estenuante campagna elettorale del 2020.
Più tasse ai redditi alti, senza specificare a partire da quale imponibile, e capital gain raddoppiato per chi guadagna oltre un milione di dollari, per finanziare un piano da mille e ottocento miliardi di Dollari solo per le famiglie. Una cifra enorme, pari a circa il triplo di quanto stanzierà l’Europa per il Recovery Fund. Ma si superano, complessivamente, i 4mila miliardi. Non è un caso che, a questo proposto, Biden abbia citato F. D. Roosevelt e la sua frase “in America ognuno deve fare la sua parte”, facendo diretto riferimento al New Deal. Un’idea già lanciata da Obama, ma che non aveva impedito ai Repubblicani di vincere le elezioni precedenti. Segno che l’elettorato statunitense aveva stentato a riconoscere gli effetti dei forti indebitamenti statali sulle proprie tasche. Forse si erano resi conto che i mille miliardi impegnati da Obama erano serviti più ad arricchire quelli che ricchi lo erano già, piuttosto che la gente comune.
Ma ciò che ha mandato in brodo di giuggiole i media nostrani sono le promesse relative a una riforma della polizia entro il 26 maggio, anniversario della morte di George Floyd, e a una stretta sulla vendita delle armi. Di che cosa si tratti in concreto non lo ha specificato. Ma ai nostri giornalisti è bastato sentire il nome dell’afroamericano ucciso da un poliziotto, e si sono quindi distratti ripensando con nostalgia a quando il movimento Black Lives Metter metteva a ferro e fuoco le città americane.
Non sono poi mancate le aperture all’opposizione repubblicana. Una salsa buonista per rendere loro meno indigeste le sue buone intenzioni. Perché, al di là delle sdolcinate reazioni nostrane – Gianni Riotta al TG1 sembrava il gatto che si è appena mangiato il topo… – di buone intenzioni si tratta e nulla più.