“I cittadini devono avere fiducia nelle nuove tecnologie, non devono averne paura”. Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino, introduce così la presentazione di Biennale Tecnologia, la manifestazione che, dal 10 al 13 novembre, trasformerà la capitale subalpina in un laboratorio di idee sul tema delle nuove tecnologie e della loro applicazione alla realtà quotidiana. Idee a senso unico, ça va sans dire, perché non a caso la nuova iniziativa si collega – come hanno spiegato gli organizzatori – alla Biennale Democrazia ed al Festival dell’Economia, due manifestazioni all’insegna del pensiero unico obbligatorio.
Diventa dunque difficile, per i sudditi, fidarsi di quelle tecnologie che diventano sempre più invasive ed invadenti, a partire dal famigerato Green Pass utilizzato per un controllo della vita dei sudditi, con conseguenti limitazioni nelle attività e negli spostamenti. Il Grande Fratello che spia e punisce, onnipresente e maligno. Al servizio di uno stato impegnato a derubare i cittadini ed a combattere contro un popolo sempre più debole ed indifeso.
Ovviamente le tecnologie sono anche e soprattutto mille altre cose. Basti pensare alla sanità, alla comunicazione, ai trasporti, all’alimentazione. Ma l’immagine opprimente del Grande Fratello statale e di quello delle multinazionali rimane comunque a condizionare l’approccio dei sudditi.
La Biennale Tecnologia tenterà di cambiare il rapporto tra società civile e scienza, ma i 280 relatori che parteciperanno a 130 incontri non sembrano quelli più adatti a tranquillizzare chi non fa parte del Sistema. Ospiti di alto profilo, indubbiamente. Ma tutti schierati dalla parte del pensiero unico obbligatorio. Una scelta legittima da parte degli organizzatori e degli sponsor, ovviamente. Però non appare credibile il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, quando parla di momenti in cui si mettono in discussione idee ed ideali. Impossibile un confronto vero quando i dissidenti non vengono invitati. La stessa logica che caratterizza la Biennale Democrazia. Con l’immancabile Zagrebelsky presente in entrambe le manifestazioni.
Il problema non è il sacrosanto diritto alla faziosità da parte del sistema universitario legato ad una ben precisa parte politica e ad un mondo imprenditoriale che condivide le medesime posizioni. Il problema è la mancanza di alternative per colpa dell’inadeguatezza di chi si dovrebbe occupare di cultura (in ogni accezione) sul fronte opposto. I progetti non mancano, ma il sostegno pubblico non è previsto. Forse per incapacità di chi è stato collocato ai vertici di un assessorato, forse per complicità poiché diventa difficile credere alla buona fede di fronte a clamorose dimostrazioni di inadeguatezza.
Così il condizionamento prosegue a senso unico, proseguono le passerelle di personaggi a volte di valore e a volte meno, proseguono i finanziamenti del Sistema ai chierici fedeli. E proseguono le nomine sbagliate sul fronte opposto, per poi ritrovarsi come ebeti a chiedersi il perché di risultati elettorali deludenti se non disastrosi.