Il meeting annuale, rigorosamente a porte chiuse, secondo la regola cosiddetta “di Chantam House”, in questi giorni ha scelto Torino per la 66/esima riunione dell’esclusivo club fondato nel 1956 da Rockefeller.
Il Bilderberg che l’anno scorso fu tenuto in Virginia, riunisce personalità di spicco del mondo politico, economico, finanziario ma anche accademico e dei media, l’interrogativo è ovvio: perché tanti potenti della terra si riuniscono annualmente per affrontare argomenti che riguardano lo scenario mondiale?
Nell’elenco dei partecipanti, disponibile sul sito web del gruppo, figurano ministri, industriali, amministratori delegati di multinazionali e i vertici di numerose banche.
Secondo le regole del Bilderberg, due terzi dei partecipanti vengono dall’Europa, il resto dall’America del Nord. I partecipanti sono liberi di utilizzare le informazioni ricevute, ma non può essere rivelata l’identità del relatore e grazie alla natura privata della conferenza, i partecipanti non sono vincolati, dalle convenzioni dei loro uffici o da posizioni già concordate.
Tra gli italiani che sono stati annunciati nell’elenco dei 128 partecipanti, figurano John Elkann, presidente di FCA e di Exor che da torinese fa gli onori di casa; con lui il direttore generale di Banda d’Italia Salvatore Rossi, il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, la giornalista de La7 Lilli Gruber, il direttore di Limes Lucio Caracciolo, l’ex amministratore delegato di Vodafone Vittorio Colao.
Le opinioni si dividono, tra chi considera il club uno dei tavoli di dibattito fra le élite del mondo, senza potere decisionale ma a fini di confronto, e quelli che negli anni hanno individuato nelle riunioni del Bilderberg le radici del golpe del 1974 in Portogallo e di speculazioni finanziarie e valutarie che hanno messo in ginocchio Paesi e istituzioni.
La prima conferenza, riunitasi nel maggio 1954 in piena guerra fredda su ispirazione fra gli altri del banchiere David Rockefeller e del principe Bernhard van LippeBiesterfeld, che aveva coinvolto l’allora capo della CIA, si era tenuta nei Paesi Bassi a Oosterbeek, all’hotel de Bilderberg appunto.
Senza dubbio comunque le porte chiuse e le origini alimentano almeno il pensiero, corretto o no, che il gruppo una qualche influenza ce l’abbia. Fossi una mosca oggi sarei li, ma sono una formica e non sono stata invitata.
L’“élite” liberals discuterà di Arabia Saudita e Iran, d’intelligenza artificiale e fake news, almeno così in teoria, dal momento che di fatto non sarà possibile poter ascoltare direttamente i relatori. Pare che siano dodici gli argomenti chiave in discussione quest’anno, al primo posto ça va sans dire, vi sarà il populismo in Europa, segue la sfida alle disparità, il futuro del lavoro, il computer quantistico, le prossime elezioni americane, la leadership mondiale degli Stati Uniti e Russia, il mondo delle post-verità e eventi di attualità bla bla bla.
Non c’è alcun risultato auspicato, non saranno presi verbali e non sarà scritta alcuna relazione, non si procede a votazioni e non saranno rilasciate dichiarazioni programmatiche.
Per chi volesse saperne di più, “La vera storia del gruppo Bilderberg” di Daniel Estulin, il leader della teoria del complotti, che ha detto però di ritenere più potente l’Aspen Institute.