“I due Paesi avanzati dove si lavora più a lungo, America e Giappone, sono anche quelli che hanno meno disoccupazione giovanile”. E Federico Rampini, sul Corriere, stronca in modo definitivo ogni velleità degli sfaticati italiani di andare in pensione ad una età che consenta ancora di godersi la vita per un po’ di anni. Non una parola, ovviamente, sulle retribuzioni, anche parametrate al costo della vita. È vero che il salario medio italiano è stimato in circa 11 euro (un terzo di quello statunitense) ma si tratta appunto di una media, quella del pollo.
E ci sono manager che di polli ne mangiano tanti mentre troppi italiani devono accontentarsi di qualche ossicino da rosicchiare. Quando il Rampini cattaneizzato pensa a Giappone e Stati Uniti, si dimentica dei pressanti inviti rivolti senza alcun rispetto dai vertici del governo della Garbatella ai disoccupati, quasi mai giovani, affinché accettino senza protestare ricchi impieghi da 3 o 4 euro all’ora. E con queste condizioni Rampini pretende che gli italiani non sognino di andare in pensione il prima possibile?
Non è un problema solo economico. Perché se un datore di lavoro paga quelle cifre ignobili, vuol dire che si comporta ignobilmente nei confronti dei dipendenti. Vuol dire che non sa cosa sia il rispetto per le persone e per la loro fatica.
D’altronde non è certo una novità che la qualità del lavoro, in Italia, sia pessima. Non si investe a sufficienza in nuovi macchinari, in tecnologie avanzate, e si investe ancora meno nella gestione del personale. I modelli applicati nelle aziende, per aumentare la produttività attraverso il maggior coinvolgimento dei dipendenti ed una loro crescente valorizzazione, sono stati rispediti al mittente dai dirigenti italiani che non vogliono veder messa in dubbio la propria autorità, dal momento che sono privi di autorevolezza.
Così, invece di puntare sul miglioramento continuo, in Italia si punta su una maggior presenza oraria in azienda. Magari perdendo tempo e recuperando straordinari, ma dimostrando la propria inutile disponibilità, l’obbedienza al capo, la passività più assoluta. E lo stesso vale per la prosecuzione della non attività aziendale in età avanzata. Non si ha più nulla da offrire ad una azienda che ha castrato competenze, creatività, passione ed impegno. Ma bisogna restare incollati al posto di lavoro per dimostrare che non si è dei fannulloni. Zero produttività, posti di lavoro sottratti a giovani eventualmente interessati ad essere sfruttati. Però Rampini è contento e Cattaneo pure.