Il grosso “boom” a proposito di revival dei “magici anni ’60” in Italia si è avuto a partire, probabilmente, dalla seconda metà degli ’80 del novecento.
Sull’onda anche e forse soprattutto di trasmissioni televisive di successo che si presero onore ed onere d’andare a rispolverare brani e protagonisti di quel fulgido periodo.
A parte l’inarrivabile Battisti, ovviamente, moltissimi se non defunti o in tutt’altre faccende affaccendati, hanno avuto un’irripetibile chance di rispolvero.
Allora l’iniziativa registrò indubbiamente notevoli curiosità e consensi, specialmente da parte dei non proprio giovanissimi. E si parlava, comunque, di quanto avvenuto poco più d’una ventina d’anni prima, a volte anche meno. Oggi, purtroppo, gli anni trascorsi s’aggirano attorno ai cinquanta.
A parte il fatto d’essere in un nuovo secolo e addirittura millennio. Per cui l’ennesimo riproporsi discograficamente di personaggi di allora, oltre che noioso, comincerebbe ad essere persino un poco stucchevole.
Stavolta ad unire le proprie forze in tal senso sono i due leader degli allora denominati “complessi” forse più conosciuti dell’epoca. Ovvero i “Rokes” e l’”Equipe 84”. Nelle persone rispettivamente di Shel Shapiro per il primo e Maurizio Vandelli per l’altro, che sfiorano i centocinquant’anni in due. Ai tempi considerati decisamente “rivali”. Veri o presunti.
Ben lungi dalla tentazione di esprimere qualsivoglia giudizio sullo spessore musicale dei due protagonisti, non si vede francamente dove questa occasione di rispolvero appunto voglia andare a parare.
A parte la novità di vedere scambiare i propri brani tra i due “nemici” dei tempi, i medesimi erano e rimangono proprio sempre quelli. Con ennesima rivisitazione in chiave iperattuale.
Molte “cover” di brani stranieri con testi in italiano, dove l’onnipresente Mogol fa naturalmente la parte del leone, fatta eccezione per “When you walk in the room” di Jackie DeShannon proposta nella versione in inglese invece di “C’è una strana espressione nei tuoi occhi ” (repertorio Rokes) e un brano recente –anno 2005- del duo anglo-norvegese “Secret Garden”. Ovvero “You raise me up”.
A parte una fin troppo ottimistica posizione attorno al ventesimo posto presso una classifica di vendite presso un noto settimanale, sarà curioso vedere che tipo di riscontro commerciale e di pubblico (è previsto addirittura un “tour”) tale iniziativa riuscirà ad ottenere.
In bocca al lupo, chiaro. Per chi scrive è molto meglio ascoltare per l’ennesima volta “Io ho in mente te” oppure “Che colpa abbiamo noi” nella versione originale. Ritenendola in ogni caso più elettrizzante rispetto ad una ultramoderna, fredda ed anonima. Questo è quanto.