A parte rare eccezioni, l’ex magistrato Ilda Boccassini è stata sommersa di critiche ed anche di insulti per il suo libro di memorie in cui racconta una sua presunta avventura sentimental/erotica con il giudice Falcone. Nella maggior parte dei casi, “Ilda la rossa” viene accusata di mancanza di stile, di speculazione, di aver violato anche la memoria di Falcone e della moglie solo per poter vendere qualche copia in più.
Tutto vero, ma l’aspetto più sconvolgente è che un personaggio di siffatto livello abbia potuto, per decenni, influire sulla vita politica italiana grazie a processi condotti con il medesimo stile. Nel libro, Ilda la rossa scrive la propria versione che, per evidenti ragioni, non può essere smentita, confermata o corretta da Falcone, assassinato dalla mafia insieme alla moglie. Ma è la stessa prassi seguita dalla giustizia italiana che ha utilizzato pentiti, infami, collaboratori di giustizia (ciascuno li definisca come preferisce) come se la loro potesse essere l’unica verità ammissibile. Il caso Tortora è emblematico.
La stessa giustizia che, non in nome del popolo italiano ma dell’ego ipertrofico dei magistrati, ha massacrato moralmente i parenti delle vittime dei giudici. Nessuna sensibilità, nessuna attenzione, nessun rispetto. Ovviamente in piena collaborazione con i media al servizio delle procure. Avvisi di garanzia comunicati dai giornali prima che il diretto interessato fosse informato; particolari privati ed anche intimi, del tutto irrilevanti sotto l’aspetto penale, dati in pasto ai lettori.
Le indiscrezioni fatte filtrare in cambio della visibilità per i magistrati hanno distrutto matrimoni, hanno creato drammi esistenziali ai figli, hanno annientato amicizie, hanno cancellato posti di lavoro. Dunque perché stupirsi se la compagna magistrato ha mostrato la stessa sensibilità nei confronti dei parenti di Falcone e della moglie? Non c’entra nulla il diritto a raccontare la propria vita, non è un problema di morale famigliare. È una banale questione di rispetto nei confronti di due persone morte alle quali non viene concesso di confutare la verità rivelata di chi ha solo diritti per aver indossato una toga.