Una mossa a sorpresa del Movimiento al Socialismo (Movimento per il socialismo, MaS), che detiene ancora la maggioranza nei due rami del Parlamento boliviano, ha sancito che le elezioni generali per la presidenza della Repubblica e il rinnovo dei seggi di Camera e Senato dovranno tenersi entro il 2 agosto.
Inizialmente previste per fine gennaio e poi posticipate al 3 maggio le consultazioni elettorali erano state rinviate nuovamente a data da destinarsi a causa della pandemia di Covid-19.
La presidentessa ad interim e candidata della destra liberale Jeanine Áñez (nella foto) sperava di poter posticipare il voto ad ottobre, proprio come fatto dal suo omologo cileno Sebastián Piñera, in modo da ricucire le divergenze con le altre anime che intendono opporsi al partito socialista e far convergere sulla sua figura tutti i consensi di coloro che negli ultimi quattordici anni sono stati relegati all’opposizione.
La mossa a sorpresa del MaS ha segnato anche una ritrovata unità nel partito che sembra attraversare una fase di lotta generazionale al suo interno tra i fedelissimi del leader indio Evo Morales, riparato nella confinante Argentina, e i più giovani che reclamano maggiore spazio di manovra e incisività dalla scelta dei candidati alla stesura del programma elettorale.
Con il vento in poppa dei sondaggi che indicano l’ex ministro dell’Economia Luis Arce largamente in testa, capace di doppiare il primo degli inseguitori, i populisti boliviani sperano di incrementare il vantaggio fino a scongiurare un rischioso secondo turno.
Con poco più di due mesi a disposizione e una campagna elettorale che si preannuncia limitata dall’emergenza posta in atto dal coronavirus, una minor affluenza degli elettori ai seggi e l’assenza di mobilitazioni di piazza per comizi e cortei elettorali potrebbe avvantaggiare chi detiene già un notevole zoccolo duro di sostenitori.
E’ da leggere in quest’ottica la scelta a sorpresa di un partito che solo pochi mesi fa si ritrovò completamente allo sbando davanti al colpo di stato ordito dalle oligarchie dell’est della nazione andina, spalleggiate dall’amministrazione statunitense e che ora si ripropone ai cittadini per ottenere un nuovo mandato elettorale in piena sintonia con la rivoluzione apportata dalle presidenze guidate da Morales in questo XXI secolo.