A più di una settimana dal voto per le elezioni generali in Bolivia non si sono placate del tutto le polemiche per l’arresto nella trasmissione dei dati da parte del Tribunal Supremo Electoral (Tribunale Supremo Elettorale, TSE).
La proclamazione ufficiale della rielezione di Evo Morales al primo turno con il 10,5% di scarto sul principale sfidante, l’ex presidente Carlos Mesa, ha generato le prese di posizione dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), degli Usa e dell’Unione Europea che hanno chiesto di far disputare lo stesso il ballottaggio il prossimo 15 dicembre.
I risultati definitivi hanno incoronato il leader socialista con il 47,1% dei consensi contro il 36,5% dell’ex giornalista moderato. Un’analisi territoriale del voto permette di stabilire la supremazia del leader indio nell’85% del territorio boliviano ma, a fare davvero la differenza, è stato l’enorme consenso ottenuto tra i votanti all’estero tra i quali l’ex sindacalista cocalero ha ottenuto il 60,3% contro il 26,8% di Mesa. Il solo voto in madrepatria, infatti, aveva distanziato i due principali sfidanti del 9,3%, cifra leggermente al di sotto del margine del 10% necessario per chiudere la partita al primo round.
La forte contrazione in termini percentuali di Morales, eletto nelle precedenti tornate elettorali rispettivamente con il 53,7%, il 64,2% e il 60,9%, risulta dovuta all’enorme afflusso elettorale, in grado si sfiorare il 90%. Con quasi un milione di votanti in più rispetto al 2014 il presidente uscente, pur perdendo solamente 54.000 voti, ha visto ridursi il suo dato del 13,8%.
Questo scongiura una fuga di voti verso i candidati di destra ma testimonia anche che, nonostante il grande lavoro prodotto nel corso di questi anni, il socialismo non riesce a sfondare oltre una certa soglia. Di vitale importanza la contemporanea affermazione nel voto per i due rami del Parlamento. Alla Camera il Movimiento al Socialismo (Movimento per il Socialismo, MaS) avrà 68 deputati, due in più della maggioranza assoluta. I restanti 52 saranno divisi tra Comunidad Ciudadana (Comunità Cittadina, CC), primo partito d’opposizione, Partido Demócrata Cristiano (Partito Democratico Cristiano, PDC) e Movimiento Demócrata Social (Movimento Democratico Sociale, MDS).
Al Senato il Mas ha ottenuto 19 dei 36 seggi destinati al rinnovo contro i 16 di CC e l’unico eletto liberista del MDS; resterà fuori dalla seconda camera del Paese andino il PDC del pastore evangelico di origini coreane Chi Hyun Chung. Insomma, pur perdendo 20 deputati e 6 senatori rispetto all’ultima tornata del 2014, il partito socialista si conferma in buona salute e in grado di proseguire l’azione governativa senza bisogno di accordi con altre formazioni politiche. Starà a queste ultime il rispetto del proprio ruolo di opposizione fino al 2025 sperando che non vengano generate nuove violenze di piazze.
In quest’ottica non fanno ben sperare le dichiarazioni di Luis Fernando Camacho, presidente del Comité Pro Santa Cruz (Comitato per Santa Cruz) che, nel corso di un’intervista al quotidiano La Razon, si è detto pronto ad una mossa simile a quella dell’opposizione venezuelana volta a disconoscere Morales nel corso dell’insediamento del prossimo 22 gennaio proclamando al suo posto il ticket formato da Mesa ed il suo vice Gustavo Pedraza.