Nel lungo reportage pubblicato sulle colonne del New Yorker l’esperto di America latina Jon Lee Anderson riporta le dichiarazioni di tutte le anime politiche della Bolivia alle prese con una crisi figlia del colpo di stato dello scorso novembre contro il presidente di origine india Evo Morales.
Fra le tante dichiarazioni riportate dal giornalista statunitense appare importante una prima frattura, quasi generazionale, emersa fra gli aderenti al Movimiento al socialismo (Movimento per il Socialismo, MaS). Alla luce dell’escalation che obbligò l’ex cocalero a chiedere asilo politico al Messico, per poi trasferirsi in Argentina dopo il ritorno del peronismo al governo, tutte le figure di maggior riferimento dell’esecutivo socialista e del partito di maggioranza optarono per le dimissioni in blocco e la fuga nei dipartimenti più fedeli o all’estero.
Questo permise l’instaurarsi di un governo di matrice reazionaria guidato da Jeanine Áñez, vicepresidente del Senato in quota all’opposizione. Una volta stabilito il nuovo calendario elettorale, poi rinviato a causa dell’emergenza coronavirus, Morales, che ha dovuto subire anche l’esclusione della propria candidatura da un seggio per il Senato della nazione andina, si è proclamato direttore della campagna elettorale del partito individuando in Luis Arce, già ministro dell’Economia, il candidato ideale per la presidenza.
Il peso di Morales, seppur impossibilitato a rientrare in Bolivia per via delle accuse di sedizione e terrorismo che pendono su di lui, è evidente negli appuntamenti ai quali prende parte in collegamento telefonico o video e che rappresentano il momento più atteso dalle folle di sostenitori del partito socialista. A fare da contraltare ai leaders del MaS è la generazione più giovane di affiliati che vorrebbe più voce in capitolo e vede nell’allontanamento forzato dell’ex inquilino di palazzo Quemado una possibilità per rilanciare le istanze originarie del movimento e fare piazza pulita della cerchia d’oro che aveva circondato Morales convincendolo, ad esempio, alla quarta candidatura alla massima carica istituzionale.
La colpa principale degli esponenti più giovani del MaS appare, per gli evisti più intransigenti, l’aver accettato il dialogo con l’amministrazione Áñez per superare l’impasse venutasi a creare. Ironia della sorte vuole che uno studio di due esperti del Massachusetts Institute of Technology (MIT), pubblicato sul Washington Post, abbia definitivamente sancito che nel voto per le elezioni generali dello Stato sudamericano dello scorso ottobre non ci sia stato alcun broglio né un cambiamento considerevole della tendenza di attribuzione dei voti tra quelli scrutinati prima e dopo l’interruzione del conteggio. A consentire a Morales di ottenere lo scarto necessario ad evitare il secondo turno, il 10% in più del principale sfidante una volta superata la soglia del 40% dei consensi, furono le aree rurale i cui voti arrivano sempre in seguito a quelli delle aree urbane storicamente più veloci e attrezzate e sostenitrici dei candidati d’opposizione.