La notizia riguardante l’infezione da Covid-19 del presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stata accolta nei modi più disparati sia dai sostenitori che dagli avversari del leader liberista.
Oltre ai soliti auguri di morte giunti dalla sinistra del Paese sudamericano e non solo, sono in molti a sostenere che il presidente verde-oro potrebbe non essere affetto dal coronavirus ma deciso, in accordo con gli interessi delle case farmaceutiche, a sponsorizzare l’uso dell’antimalarico che continua ad utilizzare pubblicamente (l’idrossiclorochina) oltre che a trovare per primo un vaccino che gli consenta una risalita nel gradimento della società del gigante lusofono.
Tra i fieri sostenitori di Bolsonaro continuano ad iscriversi le comunità evangeliche e gli imprenditori che hanno apprezzato la decisione di opporsi al lockdown per garantire la continuità della produzione e del commercio. Eppure proprio i tasselli persi nel corso di questi mesi dal suo governo potrebbero essergli fatali per la rielezione a Palácio do Planalto nel 2022 quando l’ex ministro della Giustizia Sérgio Moro o i governatori dei popolosi Stati di Rio de Janeiro e San Paolo, Wilson Witzel e João Doria, potrebbero scendere in campo ostacolandolo da destra.
I dati sul numero dei contagiati e quello delle vittime dovute alla pandemia non accennano a diminuire e hanno fatto del Brasile la seconda nazione al mondo dopo gli Stati Uniti in entrambe le statistiche, un dato ben poco invidiabile.
In quest’ottica la possibile ripresa economica e del numero degli occupati su cui punta Donald Trump in vista delle presidenziali statunitensi del 3 novembre sembrano destinate a diventare un esempio per Bolsonaro che non ha mai fatto venir meno la propria ammirazione per il populista newyorkese e potrebbe decidere di seguirne i dettami anche in politica interna.