Le rivalità storiche tra i Paesi dell’America del Sud non sono seconde a nessuno e se alcune sono tornate agli onori della cronaca negli ultimi anni è stato soprattutto per le rivendicazioni politiche tra Stati schierati su fronti opposti, tra il vento socialista di inizio secolo e la reazione liberista degli ultimi anni.
Se risulta impossibile archiviare la rivendicazione dello sbocco al mare della Bolivia nei confronti del Perù sulle coste del Pacifico, guardando ad oriente è la rivalità tra Brasile e Argentina a farla da padrona. L’idillio politico tra Brasilia e Buenos Aires è durato davvero pochissimo, giusto il tempo di siglare l’accordo di libero scambio tra Mercosur e Unione Europea.
La campagna elettorale per le primarie presidenziali, che hanno preceduto il voto del prossimo 27 ottobre per la Casa Rosada, si sono rivelate il perfetto terreno di scontro tra il governo verde-oro e l’opposizione peronista argentina. Il primo atto che Jair Bolsonaro non ha per nulla gradito è stata la visita effettuata ad inizio luglio dal candidato del Frente de Todos (Fronte di Tutti, FF) Alberto Fernández all’ex presidente brasiliano Lula presso la prigione di Curitiba. Si è tratto della prima di una serie di scaramucce e “invasioni di campo” tra i due contendenti.
Dopo aver svolto una campagna favorevole alla rielezione dell’amico di vedute Mauricio Macri, l’attuale inquilino di Palácio do Planalto si è anche affrettato ad indicare il ticket formato da Alberto Fernández e l’ex presidentessa Cristina Kirchner come la causa del crollo della borsa albiceleste. Peccato che alla guida del governo ci sia ancora l’esecutivo ultraliberista di Macri e l’attacco subito da Buenos Aires abbia il sapore del ricatto verso il popolo argentino che, a fine ottobre, potrebbe nuovamente rigettare i piani del Fondo Monetario Internazionale a cui si è affidato per tutto il corso del suo mandato l’ex presidente del Boca Juniors.
La probabile vittoria peronista, con relativo cambio di politiche economiche, ha decretato anche la netta presa di posizione di Paulo Guedes, attuale ministro dell’Economia brasiliano, che si è detto pronto ad uscire dal Mercado Común del Sur qualora l’accoppiata peronista torni al governo in Argentina.
Dal proprio canto Alberto Fernández ha già chiarito che nel proprio programma elettorale figura la contrarietà al pre-accordo stipulato a giugno con l’UE. Di certo la situazione si protrarrà fino al voto di fine ottobre e all’eventuale ballottaggio del mese successivo ed avrà ripercussioni anche nei mesi a seguire. La guerra politica fra i due giganti sudamericani è senz’altro più avvincente delle ultime sfide calcistiche tra Messi e Neymar, lontani dai tempi in cui altri campioni portavano in cima al mondo i propri colori.