“Scusi prof.” la mora maliziosa, sempre lei “Ma questo Barocco di cui lei, il prof di arte, quella di storia ci state parlando…in sostanza che cosa era”? ”
Sorvolo sul “quella”. Un tempo non ci si riferiva così ad una insegnante…la domanda, però, ha un senso. E non è affatto banale…
Vedi, il Barocco è tante cose. Spesso contraddittorie fra loro. È razionalismo e dogmatismo. È il libertino cinico don Giovanni. E il sognatore, don Chisciotte. È il moralismo puritano e l’erotismo più spinto…
“A’ proffe… dei bei zozzoni erano allora sti barocchi…” e ti immagini se il Boro si lasciava sfuggire l’occasione…
No. Non erano zozzoni. Come voi che state a perdere le diottrie su Youporn o quant’altro vada di moda ora (risate a crepapelle dei coatti. Sorrisetti delle ragazze. Palese disgusto della glaucopide…)
Piuttosto si ponevano, ossessivamente, un problema. E in questo erano davvero i primi uomini moderni. Per molti aspetti nostri contemporanei… Ed era il problema…della Morte.
Confesso. Ho fatto una pausa drammatica. E detto la parola Morte con voce cupa e un ghigno che (ritengo) malevolo. Effetto riuscito.
Espressioni attonite. Sorrisetti imbarazzati. Il Boro compie vistosi, e volgarissimi, gesti apotropaici.
Continuo…
Sì, avete capito bene. Proprio la Morte. E potete vederlo dall’arte del periodo. A partire da Caravaggio la raffigurazione della Crocifissione, tanto per fare un esempio, diviene più realistica, drammatica. Si accentua un elemento cupo. Da film dell’orrore. Per non parlare dell’ossessione per gli scheletri e i teschi… Che trova la sua apoteosi nelle famose Cripte dei Cappuccini…
“Ce ne sta una anche a Roma prof… L’ho vista anni fa co’ mi padre. E la notte nun ho chiuso occhio…”
Sono impressionanti, vero. E lo stesso avviene nella letteratura. Anche nella poesia d’amore, che resta il tema principe della lirica. Ma che viene trattato in un’ottica diversa. Ad esempio con l’introduzione di quello che viene chiamato l’elogio del verme…
“E che c’azzecca er verme con l’amore?”
C’entra. Perché i poeti usano il nuovo tòpos di cantare la bellezza dell’amata, descrivendo i suoi capelli d’oro, i suoi occhi splendenti, la sua pelle luminosa…ma poi le dicono: attenta! Che presto i capelli diverranno argento, i denti cadranno, e tu diventerai polvere e il verme mangerà le tue carni…
“Ma che? Erano malati questi?” la mora è esterrefatta.
Mi viene da sorridere.
Beh, proprio malati no… Un po’ morbosi forse. Ma, in realtà, rendono bene il senso di morte incombente. E poi… è una nuova tecnica di seduzione. Perché subito dopo aggiungono: e allora, se il tempo fugge, perché fai la sdegnosa? Perché ti neghi al mio amore? godiamoci la vita prima che finisca…
“Ammazza’ che furbi… E acchiappavano così?” il Boro, ovviamente.
“Ma che vuoi che acchiappassero? Sberle!” la glaucopide. Il solito duetto. E lui sorride con aria saputa. E lei arrossisce…
Quello che, però, conta davvero è la stretta connessione Amore /Morte, interpretata in una chiave che accentua, rispetto alla tradizione precedente, l’aspetto cupo. Quasi necrofilo…
(negro…? E che c’entra mo’ sto africano? il coatto palestrato, al solito. Scuoto la testa. E continuo.)
Per altro lo stesso senso del bello viene, diciamo così, alterato. Ad esempio, un poeta importante, Cyro di Pers, friulano e patrizio veneto, canta i capelli d’oro della Donna. Fra i quali spendono delle luminose perle. Che sono… le uova dei pidocchi.!
(Urla ed espressioni di disgusto)
Rido e continuo.
Oh, se è per questo c’è ben di peggio. Vi è chi canta la bella guercia, che ha un occhio solo, ma è stupendo… E la bella zoppa, addirittura la bella gobba…
“L’ho detto io che erano malati!” la mora non sa se ridere o accentuare l’espressione disgustata.
“Tremendi! – il Boro appare ammirato – questi tutte se le facevano… Basta che respirano!”
Ci vuole un bel po’ per placare il baillame. Poi, finalmente…
La questione è che non vi è più una estetica assoluta. Il Bello assoluto. La Venere di Botticelli per intenderci. Ciò che conta è come vedi le cose. La bellezza è relativa. Come ogni altra cosa. Perché…relativa è la vita. Ed effimera. E non esiste un bello e un buono valido per tutti. Per cui la stessa morale viene messa in discussione. Proprio per questo il moralismo puritano e anche cattolico della controriforma diviene così ossessivo. E oppressivo. Perché la ragione, anzi il razionalismo mette in dubbio tutto. E apre la strada all’angoscia. Che è il male dell’uomo contemporaneo. E la reazione a questo è rappresentata da don Giovanni. Dalla figura del Libertino…
“Questo me piace proff…. Me sa che questo lo studio davvero!” la battuta del Boro è buona. Ridono tutti. E rido ahch’ io.
Vedrai che anche qui le cose non sono così allegre come credi. Il libertino cerca di dimenticare l’angoscia della morte, attraverso una, sfrenata e cinica, attività di seduttore. Ma non gode di questo…
Suona la campanella.
“Nooo! mo’ che ce se cominciavamo a divertì…” la delusione del Boro è sincera.
Beh, sarà per un’altra volta, ragazzi.
“Però ce lo promette vero? – la mora, con un sorriso ancora più malizioso del solito – ci teniamo davvero a sapere che cosa pensa lei di questi… Libertini”
Esco.