“Scusi prof…” gli occhi, da sopra la mascherina d’ordinanza, sono vivaci e seri. Una ricciolina. Presumibilmente la prima della classe… Dico presumibilmente perché questa è la prima. I piccoli. E li conosco ancora poco. Tutti insieme, non a gruppi, non nell’interminabile DAD durata un quadrimestre, li avrò visti per due settimane… anzi una e un terzo, perché poi una collega col raffreddore si è andata a fare il tampone. Positiva… e loro sono stati messi in quarantena precauzionale. Per fortuna stanno tutti bene… tutti negativi…
Comunque li conosco poco… E poco si conoscono anche fra loro…
“Scusi prof., ma a Buzzati da dove gli è venuta questa idea… Gli alberi, i geni, il vento Matteo…”
Già da dove… Sto leggendo loro “Il segreto del Bosco Vecchio”. E cerco di farli discutere. Ragionare. Non si poteva fare molto altro nei mesi della DAD… Oh certo, vi è chi dice che è stato tutto come in classe… anzi, meglio. Ed ha interrogato e fatto compiti. A distanza… Bah…

Dunque, Buzzati era di Belluno. Anche se, per molto tempo, è vissuto a Milano, scrivendo per il Corriere. Pezzi di cronaca e di costume. Per altro straordinari. Comunque, era nato fra le montagne. Le Dolomiti. E le conosceva bene. Più di un suo libro è ambientato fra i monti.
I boschi, i grandi boschi gli erano familiari. Ho sempre pensato che, per il suo Segreto, abbia preso spunto dal grande bosco demaniale in Valle d’Auronzo. Se potrete, un giorno andate a vederlo. Impressionante. Una distesa fitta di larici, lecci, abeti, querce, larici rossi.. . Altissimi. Vecchi. Anzi antichi… Come che sia, lui era uomo delle Montagne. Ne conosceva le tradizioni. Le leggende. Era abituato a camminare nei boschi. In silenzio. Ascoltando…
“E quindi sono tutte leggende e tradizioni del luogo” questa è un’altra. Una Brunetta glaucopide. Meno studiosa, forse. Ma decisamente vivace…
In parte. Perché non dovete pensare che una storia come questa possa nascere solo da studi e riferimenti eruditi. È troppo viva. Troppo suggestiva e magica. Per scriverla, Buzzati doveva, in certo qual modo, viverla. Vederle davvero certe cose…

“Ah prof. me sa che sto Buzzati di canne se ne fumava. E tante…” mi viene da sorridere. Questo, un ricciolone rubizzo con faccia da cherubino impunito, è palesemente il candidato Boro della classe. Il capobranco dei coatti. Basta dargli tempo…
Ben, canne proprio no. Ma che fumasse oppio mescolato a trinciato in pipa è cosa risaputa. E lui stesso non ne faceva mistero…
“Allora è per questo che vedeva sti Geni, sto vento che parla come n’omo… La gazza chiacchierona…”
No. Lo blocco con un gesto. Buzzati era un grande scrittore. Con una immaginazione potente. L’oppio, forse, lo sollecitava… Ma le sue immagini non vengono da quello… Era qualcosa in lui, qualcosa che gli veniva dal sangue, dalle generazioni di montanari abituati al silenzio e alla solitudine, e che gli faceva vedere gli Spiriti degli alberi. E il Vento come un essere vivente. E gli animali capaci di parlare con l’uomo. Come i suoi antenati. Per i quali i grandi boschi erano luoghi magici. Sacri.
È calato il silenzio. Come dicevo, sono ancora piccoli. Boro e coatti devono ancora prendere sicurezza. E confidenza…
“Ma allora, prof. è una specie di fiaba…” La Brunetta dagli occhi glauchi.
Sì. Una fiaba. Ma… diciamo moderna. Perché giocata sul contrasto tra il mondo fantastico del Bosco Vecchio, e quello reale… o meglio piatto e ordinario. Da cui proviene il protagonista. Il Colonnello Procolo…
” Che non vede i Geni e le altre creature fantastiche?”
Non è così semplice. Procolo vede gli spiriti degli alberi. Parla col Vento Matteo. Con la Gazza Guardiana. Vede, ma non crede.

“Allora è scemo…” risatine. Il proto Boro…
No. È l’uomo moderno. Siamo noi, in sostanza. Troppo presi dai nostri interessi. Dalle nostre paure. Troppo ripiegati su noi stessi per poter comprendere ciò che vediamo..
Suona la campanella. Saluto. Sto per uscire ma…
” Ma lei prof. ama la montagna vero?”
Certo, rispondo già sulla porta. Due occhi azzurri mi fissano con aria furba.
“E… ha mai visto qualcosa di simile? Geni, spiriti del vento. Magari fate” sbaglierò, ma mi sembra di intuire un lampo di malizia…
Forse, bofonchio sorridendo. E mi avvio lungo il corridoio. Grigio e deserto.