Oggi è un pomeriggio di sole. Il primo sole davvero caldo di questo Maggio strano, tormentato da alti e bassi di temperature. Da venti ancora freddi. Da improvvisi, violenti acquazzoni… Una Primavera tardiva, appena assaggiata… che già sembra trascolorare nella prima Estate.
Ed è un giorno festivo. O meglio, è Sabato. E l’atmosfera è pigra, sonnolenta. Torpida. Uno di quei lunghi, interminabili pomeriggi in cui resti inerte. Indolente.
Non che non avresti da fare… ma non hai voglia. Accidia, più che semplice pigrizia. Come la chiama Petrarca, che la considerava la condanna della sua anima. Un misto di stanchezza immotivata e malinconia. L’Humor philosophico. Che oggi mi coglie venendo dal Sole…
Petrarca… Mi vengono in mente alcuni versi. Eran i capei d’or per Laura sparsi… ‘ove le belle membra pose colei che sola a me far Donna…
Nessuno sforzo. Anzi, ovvi. Scontati. Un affiorare senza motivo. Per… analogia. Quasi burchiando, a caso, nel libro della memoria.
E poi, per chissà quale altra, recondita analogia, mi viene in mente che, proprio oggi, si inaugura al MART di Rovereto la Mostra di Botticelli. Me lo da detto un amico, che vi andrà. Un evento. Voluto, nonostante tutti gli ostacoli. Nonostante lo spauracchio del virus. Anzi, quel geniaccio irregolare di Vittorio Sgarbi – che del MART è il Presidente – lo ha, probabilmente, voluto proprio per questo. Un gesto di sfida. La Bellezza contro lo squallore di questo interminabile, e ancora interminato anno, che ha visto un intero popolo perdere ogni dignità. Ed ogni senso estetico…
Analogie, dicevo. Il Sole, la luce…. il culmine della Primavera. Petrarca. E Botticelli. Che la Primavera ha saputo rappresentare come nessun altro, prima o dopo di lui.
La leggerezza delle figure, che sembrano quasi volare nella danza. Le Grazie. E, soprattutto, Flora. La figura più misteriosa. Incarnazione di una bellezza superiore. Ineffabile e irraggiungibile. Il suo sorriso, appena accennato. Ha la levità dell’affresco di Villa Arianna a Stabia. Il mistero, denso di promesse, di una stagione che sta dando i suoi pieni frutti. Evoca il segreto. Un nome, forse. Dicono Simonetta….ma potrebbe essere altro. Ben altro…
Lo stesso nome che ricorre nella Venere. Quello sguardo perduto nell’infinito. Quel corpo… perfetto. Di armonia celeste. Quei fianchi dolci. Quel seno, come in Petrarca, angelico. E il sorriso. Le labbra che esprimono malinconia. E passione.
L’inarrivabile. La bellezza assoluta. Cui segretamente, da sempre, aspira ogni slancio. Ogni desiderio erotico.
Il Sole, ora, sta declinando. In un faticoso tramonto. L’aria è più fresca. Verrà, presto, l’ora del sonno. E dei sogni. Un giardino, dicono le fiabe. Dove eterna è Primavera.
Chissà… Intanto, accendo la mia vecchia, amata pipa.