Tranquillo direttore… non sono così a corto di argomenti da mettermi a scrivere di moda intima maschile…. cliente di banchi di mercato o bazaar cinesi, ne capisco poco o nulla… e, poi, so che nello staff di ElecTo hai sicuramente ben altre esperte di moda…
I Boxer di cui sto cominciando a parlare sono tutt’altra cosa, tutt’altra storia.
Sono i ribelli cinesi che, nel lontano 1900 e dintorni, si scatenarono contro la presenza delle, cosiddette, legazioni straniere. Che, di fatto, occupavano e sfruttavano l’ormai fatiscente Impero di Mezzo. Giunto alla fine della Dinastia Quin, ovvero Manciú, con sul trono Cixi, passata alla storia come l’Imperatrice Madre.

Fu rivolta cruenta. Partita dalle campagne e, soprattutto, dalle scuole di Kung fu… per questo, probabilmente, i ribelli vennero conosciuti in occidente come Boxer. Pugili. Perché nel nome del movimento vi era l’ideogramma che indicava il “pugno”.
Comunque, quando i ribelli, spalleggiati ormai anche dall’esercito imperiale, posero l’assedio alle ambasciate straniere, chiuse nella cittadella fortificata di Pechino, si creò la, cosiddetta, coalizione degli otto Stati. Che inviarono flotta e truppe, saldando il conto ai Boxer. E mettendo fine alle ultime vestigia del Celeste Impero.
Storia complicata. E piena di contraddizioni. I Boxer erano violenti.. ma europei, statunitensi e giapponesi erano lì a depredare il paese. E ne avevano fatto, come si suol dire, carne da porco.
Ne è stato fatto anche un film. Un bel film, “55 giorni a Pechino” con David Niven, Charlton Heston, Ava Gardner… che racconta la versione, tutta anglo-americana, dei fatti. Glissando sul fatto che, se proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo, lo sforzo militare maggiore (e le conseguenti perdite) fu sostenuto da giapponesi e russi. Ma Hollywood è una straordinaria macchina di propaganda. Che vince più guerre degli eserciti statunitensi.

Comunque, in quella coalizione c’eravamo anche noi. Ovvero c’era l’Italia, o Italietta, da poco unificata. E con qualche ambizione di politica coloniale. E quell’Italia mandò la sua Forza Navale Oceanica al comando dell’Ammiraglio Candiani. Cui è ancora intitolata una piazza (più che altro un parcheggio) della mia città d’origine, Mestre. E un corpo di spedizione di circa 2500 uomini. Bersaglieri, marinai e carabinieri.
Alla fine ottenne la Concessione del Tien Tsi. Un chilometro di paludi, però ricche di saline. Robetta… ma ce la siamo tenuta fino al 1943…
Storia ben poco nota. A scuola non se ne parla… anche perchè gli stessi professori, per lo più, la ignorano. E poi… a chi può interessare oggi?
E allora? Perché ti sogni di parlarne, anzi di scriverne in questa sorta di pappardella?
Beh, perché mi è venuta in mente… e mi è venuta in mente perché ho appena letto che il nostro governo sarebbe in procinto di inviare la “Cavour” nell’area dell’indo-pacifico. Limitrofa al Mare della Cina. A partecipare alla missione navale che, secondo i disegni di Washington, dovrebbe intimidire Pechino. E rintuzzare sia le sue minacce su Taiwan, sia le sue ambizioni di controllare il Mar Cinese. Ovvero quello che è, per evidenza geografica, il Mediterraneo di Pechino. Pretesa, ovviamente, assurda. E segno di bieco imperialismo. Quello cinese, naturalmente. Non il nostro. Di noi occidentali, che inviamo le nostre navi da guerra a migliaia di leghe dalle nostre coste…

La “Cavour” è la nostra Ammiraglia. Da quel poco che so, una portaerei leggera, per aerei a decollo verticale. Non sono, però, in grado di dire quanto possa contare e pesare negli equilibri militari dell’Indo-pacifico… alla prima occasione chiederò al mio amico, l’Ammiraglio Liorsi. Però credo che una missione simile verrà a costare un bel po’ alla nostra Marina Militare. E quindi alle casse dello Stato. Già provate dalle sontuose forniture di armi ed altri aiuti al Signor Zelensky….
Lo so. È un discorso di bassa bottega. Tarato dal peggior qualunquismo. E sarebbe anche peggio se mi mettessi ad evocare le difficoltà economiche in cui versano gli italiani… le bollette di luce e gas… i tagli alla sanità e all’istruzione… e via discorrendo.
E lungi da me fare il pacifista arcobaleno. Non lo sono, né per sensibilità, né per storia personale.
E neppure sono, a priori, contrario alle politiche imperialiste. Perché di questo, gira che ti rigira, si tratta…
Ma sono politiche che hanno, sempre, avuto uno scopo preciso. Rendere più forte, ricco, influente un paese.
Che poi non sempre vi siano riuscite è altro discorso. Non tutte le ciambelle riescono col buco. Soprattutto a noi italiani.
Comunque, quella volta, a inizio novecento, una pezzaccio di terra lo abbiamo portato a casa. E sfruttato per quel che valeva. Poco, certo… ma inglesi, americani e francesi non sono mai stati generosi. La storia nostra lo dimostra.
Ma oggi? Cosa verrà all’Italia da questa partecipazione alla missione navale? E cosa, per altro, dal sostegno strenuo a Kiev? Ci concederanno terre? Impensabile. Un prezzo di favore del gas americano? Visto il mercato, e le ultime bollette, mi permetto di dubitarne…
O ne verrà fuori solo una simpatica pacca sulla spalla da quel giovialone di Joe Biden?
Comunque, mi permetto un consiglio a chi ci governa. Andate a leggere qualcosa sulla rivolta dei Boxer. Se i saggi storici vi risultano indigesti, potete cercare, in qualche bottega di libri vecchi, un romanzetto uscito a caldo, nel 1901. “Le stragi della Cina” firmato da tale Guido Altieri. Che altri non era che Emilio Salgari. Naturalmente, nel romanzo, gli italiani, un prete, un capitano dei bersaglieri… sono i buoni. E i capi dei boxer i cattivi.
Però leggete con attenzione tra le righe. Patriottismo tricolore a parte, il buon Salgari non amava l’imperialismo. E, soprattutto, quello britannico dell’epoca. Non si fidava. Tutti qui.