I sondaggi hanno sbagliato. Se, come previsto, Lula ha sfiorato senza agguantare la vittoria al primo turno per poco più di un punto e mezzo percentuale, è il risultato del presidente uscente Jair Bolsonaro a destare non poche sorprese.
Proprio come avvenuto per Donald Trump negli Stati Uniti il leader della destra liberale brasiliana ha incrementato, in questo caso di quasi due milioni, il numero di voti ottenuti al primo turno rispetto alla sfida di quattro anni fa. Il distacco con l’esponente di sinistra previsto nell’ordine della doppia cifra percentuale è, in realtà, ridotto al 5,2%. Cala di pochissimo la partecipazione al voto che si attesta al 79% dei 156 milioni di aventi diritto.
Se come avevamo annunciato la sfida è stata completamente polarizzata dai due principali contendenti, a rendere ancor più in bilico il secondo turno del 30 ottobre è proprio il basso bacino di voti da cui potranno attingere nel corso di questa seconda parte della campagna elettorale i due sfidanti.
Al terzo posto, infatti, non è giunto il dissidente di sinistra Ciro Gomes del Partito democratico laburista ma Simone Tebet col 4,2%, candidata del Movimento democratico brasiliano, partito centrista sostenuto, però, dalla borghesia ostile al radicalismo di Bolsonaro. Gomes con il suo 3%, meno della metà del previsto, è stato sicuramente determinante nel mancato sfondamento del 50% più uno inseguito da Lula ma ora potrebbe ripetere la scelta, già all’epoca fortemente contestata dal resto della sinistra, di non sostenere il Partito dei lavoratori contro Bolsonaro mentre la Tebet si è presa del tempo per esprimersi a riguardo. Tutti al di sotto dello 0,5% gli altri sette candidati a Palacio do Planalto.
Dal proprio canto Bolsonaro, presentatosi al seggio con la maglietta della nazionale verde-oro, ha dichiarato che lavorerà per cambiare il voto delle persone al secondo turno e che è stata già conseguita una vittoria contro i dati forniti dalle case sondaggistiche. Lula ha provato a mostrarsi soddisfatto dicendosi certo della vittoria “al momento solo rimandata” ricordando come anche nel 2002 e nel 2006 non riuscì a chiudere la pratica già al primo turno.
Di sicuro anche in caso di vittoria Lula dovrà fare i conti con il neonato bolsonarismo. Anche qui i punti di contatto con le vicende nordamericane iniziano ad essere molteplici. Se quattro anni fa l’exploit di Bolsonaro fu del tutto personale a questa tornata l’incremento di voti per il Partito liberale e i suoi esponenti nelle concomitanti elezioni per Camera, Senato e governatori regionali consentono l’ingresso di una truppa conservatrice mai così ampia dalla fine degli anni Novanta. Tra i rieletti al Senato figura anche l’ex stella del calcio carioca Romario. Nella Camera alta sono ben 14 sui 27 in palio i seggi attribuiti alla destra contro i 9 conquistati dal Partito dei Lavoratori. Farà il suo ingresso al Senato anche l’ex giudice Sergio Moro, già ministro con Bolsonaro e artefice dell’iniziale condanna a Lula nell’inchiesta Lava jato. Sempre tra le fila conservatrici risultano eletti la moglie di Moro Rosángela e l’ex pm Deltan Dallagnol che siederanno, invece, alla Camera. Un trionfo, quello di Dallagnol, doppiamente significativo visto che è giunto nella sfida contro il presidente del Pt Gleisi Hoffmann nello stato di San Paolo. Unico neo, per il clan Bolsonaro, a San Paolo è stata la sconfitta del figlio del presidente contro Guilherme Boulos per via del dimezzamento delle preferenze di Eduardo che gli consentiranno comunque di essere rieletto.
Un dato interessante è quello della distribuzione geografica del voto che premia Lula nel nord-est, da sempre più povero e prevalentemente abitato da afrodiscendenti e indigeni, e Bolsonaro nel sud, motore produttivo del Paese sudamericano.
Nella sfida per i governatori di Rio de Janeiro e di San Paolo emergono chiaramente le vittorie della destra: a Rio Cláudio Castro (bolsonarismo) ha doppiato il lulista Marcelo Freixo; a San Paolo, la città più ricca del Brasile, l’ex candidato alla presidenza nel 2018 del Pt Fernando Haddad andrà al ballottaggio contro Tarcísio de Freitas, ex-ministro delle Infrastrutture di Bolsonaro, ma con uno svantaggio di dieci punti.
Infine una curiosità: la numerosa comunità brasiliana in Italia ha sostenuto maggiormente Lula.