Un sostanziale pareggio. Si potrebbe definire cosi l’accordo sulle relazioni fra Ue e Regno Unito. Evitato lo spauracchio del ‘no deal’, l’attenzione si sposta sugli scenari interni all’Unione: Francia e Germania smuovono le acque lanciando la ‘conferenza sul futuro dell’Ue’; gli altri Paesi membri, Italia compresa, inseguono tra convergenze ad hoc, vecchie alleanze e un interrogativo: quale direzione per l’Europa dopo la Brexit?
Commercio al centro dell’accordo

Se sugli scambi commerciali Boris Johnson e Ursula von der Leyen trovano la quadra – zero dazi per prodotti di certa origine britannica o europea – la partita resta aperta sui servizi finanziari, l’80% dell’economia Uk. Oggetto di scontro è il ‘passaporto finanziario europeo’, grazie al quale un operatore Ue esercita in qualunque altro Stato membro. Bruxelles vuole assicurarsi che ogni scelta di concedere o ritirare il passaporto finanziario sia unilaterale, non soggetta a vincoli. Sullo sfondo, la preoccupazione europea per l’eventuale nascita di un paradiso fiscale nella City, la temuta Singapore d’Occidente.
Lo spazio lasciato dal Regno Unito
Non solo commercio. A livello politico, i Paesi del nord poggiavano su Londra per bilanciare l’asse Parigi-Berlino. Il Regno Unito si è spesso trovato a vestire il ruolo di ‘poliziotto cattivo’ nei negoziati al Consiglio europeo, parafulmine per gli alleati nordici. Ora c’è un vuoto da colmare: lo hanno fatto i Paesi Bassi– in una insolita esposizione politica– quando hanno guidato la frangia dei Paesi ‘frugali’ nei negoziati sul Recovery Fund.
Incertezza invece fra i quattro di Visegrad, guidati dall’Ungheria di Viktor Orbán. Con l’uscita di Londra, perdono un alleato chiave nel frenare le spinte ‘federaliste’ verso una sempre maggior integrazione a discapito dei parlamenti nazionali.
Macron gioca d’anticipo, Italia ferma

A Brexit avvenuta, è il Presidente francese Emmanuel Macron a prendere l’iniziativa. “E’ l’occasione – sostiene – per un nuovo rinascimento europeo”. Nel suo discorso a La Sorbonne si era già rivolto direttamente ai cittadini europei, non solo francesi, per lanciare “un’Europa, unita e democratica”. Proclami, tuttavia segno di voler smuovere un minimo le acque, almeno a livello di dibattito, sugli orientamenti Ue post-Brexit. Da qui la partecipazione del Francese, non prevista, alla videoconferenza sull’accordo per gli investimenti fra Ue e Cina. Risultato? Rafforza l’asse con Berlino e la guida dei Paesi del sud, con l’Italia ferma al palo.
L’azione di Roma si è arrestata dopo le trattative sul Recovery Fund. Non è nota la visione del governo sul futuro dell’Ue senza Londra. Pur contando su un commissario economico e sullo scranno più alto del Parlamento europeo.
Fuori dai radar altri grandi temi: la riforma del regolamento di Dublino –norma l’immigrazione verso l’Ue, con oneri sulle spalle dell’Italia – è in stallo. Sorpassata, poi, quanto a convergenze su specifiche battaglie: Francia e Polonia fanno quadrato intorno ai fondi Ue all’agricoltura – Macron è volato a Varsavia per discuterne – contrastando i ‘frugali’, Olanda su tutti, sostenitori di un loro ridimensionamento.
Cambio di passo invece della Spagna: focus su alleanze specifiche con Paesi Ue che condividono interessi comuni. “Possiamo stare con la Germania o con l’Italia sull’immigrazione – dicono fonti diplomatiche spagnole a El Pais – oppure con la Francia sulla digital tax”. Una strategia che punta a superare – spiegano – Paesi come Italia e Polonia ed unirsi all’asse franco-tedesco.
Manca un vero dibattito sul futuro Ue
Francia e Germania conducono il gioco, ma da parte dei 27 mancano proposte per un’ampia visione d’Europa dopo l’uscita del Regno Unito.
All’indomani del referendum inglese, l’allora presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker mise sul tavolo cinque nuovi scenari per il dopo Brexit. Inedito momento di lucidità politica, dove quantomeno Bruxelles propose più visioni di integrazione europea, anche diverse dall’attuale. Lasciare tutto uguale, puntare sul commercio, sviluppare un’Europa a più velocita o – si chiedeva – più spazio agli Stati? Quesiti rimasti senza risposta. L’alleanza Ppe-Pse a Strasburgo – base dello status quo – non è mai stata scalfita. Insomma, il dibattito si è arenato. Ma è proprio la pandemia, con il suo shock, ad offrire l’occasione di riaprirlo. E non di rimandarlo.