E adesso che anche questo Ferragosto ce lo siamo tolto dai c… – come diceva l’indimenticabile Riccardo Garrone, a proposito di altra festa, in “Vacanze di Natale” archetipo di tutti i cinepanettoni – parliamo degli auguri ferragostani. Usanza tipicamente romana, nel tempo dilatata a tutta la Penisola. E che io, sinceramente, ho davvero scoperto solo da che risiedo, esule, nella Capitale. Perché prima il 15 d’agosto era un giorno festivo d’estate, in un periodo di per sé già di vacanze… si faceva un pranzo un poco diverso, quando non lo si trascorreva in spiaggia o tra i monti. Insalata di riso, vitello tonnato, peperoni ripieni. Gelato. Robe così. Ma senza tante cerimonie.

Per i cattolici, certo, era l’Assunta. Festa fondamentale del culto Mariano. Dico era perché ormai se lo ricordano in ben pochi. Nella attuale Chiesa non vi è più posto per il Mistero. A meno che non sia quello di come sono arrivati a questo punto. E con questo Papa…
Comunque, io ho scoperto l’abitudine degli Auguri di Ferragosto a Roma, come dicevo. Quando entravo in bar, “Buon Ferragosto!” mi salutava il barista tutto allegro… Manco fosse Natale… Ed oggi, coi Social, le chat et similia è tutto un proliferare di post e biglietti augurali. Cui stento a rispondere. Non per mancanza di tempo, né di educazione, credo. Piuttosto perché proprio non capisco.
Che c’è da festeggiare il 15 del mese? Ora, quando Ottaviano istituì le Feriae Augusti, la cosa aveva un senso. In un mondo prevalentemente agricolo, segnava una pausa. Un intervallo fra i lavori della tarda primavera e dell’estate, faticosamente appena conclusi, e l’inizio di quelli autunnali. Contadini e servi potevano riposare. E godere dei frutti del lavoro con pranzi e libagioni più ricche dell’usuale.
In quel contesto – che prevedeva anche riti sacri e sacrifici agli Dei agresti – gli Auguri avevano un senso. Erano auspici per il futuro raccolto autunnale. Per la semina… per la produzione del vino.
Ma oggi? Auguri di che? Auspici per che cosa? Mi augurate di non scottarmi mentre mi rosolo come una braciola sul lettino in spiaggia? Di non fare il, temuto, infarto alla panza per l’abbuffata rituale? Di rimorchiare una smandrappona in discoteca? Di riuscire a riposare senza troppe rotture di…?
E di questi tempi, poi? Auguri di poter ricevere la benedizione vaccinale, senza che, per mutazione genetica, mi cresca la coda? Auguri affettuosi da persone che, se mi incontrano, tengono la distanza terrorizzate dal temuto contagio?
Auguri di che? E perché? In questa società degradata, dissolta, resa schiava e inebetita, che senso ha augurare un Buon Ferragosto? Sarà, anzi ormai è stato un giorno come gli altri. Grigio e vuoto. Detto in soldoni un giorno di…
Quindi, grazie. Ricambio di cuore.
Buon Ferragosto in ritardo a tutti. Perché, per fortuna, almeno questo ce lo semo tolto dai…
1 commento
Da qualche anno è diventata moda augurare un “buon qualcosa” anche in altre giornate festive, una novità senza alcun senso che ha preso piedi nell epoca dei social,quella dei selfie.
Il Ferragosto mi stava sulle balle anni fa e quindi lascio immaginare cosa ne pensi adesso.
Un giorno vissuto in diversi film, Verdone, Gassman,Moretti,quel Caro Diario con in sottofondo Keith Jarrett,dei film che amai,tutto al passato remoto, perché divenuto “lontano”, adesso,per un cuore ormai privo di un qualche sparuto credo .
Ma,se c è una ragione per cui mi viene voglia di scrivere in questo momento, è quella citazione delle FERIAE AUGUSTI, che mi riporta a mio padre,che ieri, inaspettatamente, è stato sostituito da mia madre. Già, poiché anche lei che non ne sa nulla e a malapena ha imparato a scrivere,ieri mi ha rivolto una domanda, in cui mi chiedeva se ci entrasse un certo Augusto con la festa dell’ Assunzione.Mi ha detto”…tuo padre me lo spiegava ogni anno, come faceva con voi tutte, quando eravate ancora a casa,ma voi lo capivate bene…”. FERIAE, giorni che Augusto rende non lavorativi, festivi.Poi, l aggettivo acquisterà il significato opposto, passando ad indicare, in italiano, i giorni infrasettimanali, lavorativi,ma questa è un’ altra via in cui si sarebbe addentrato il discorso di mio padre,per proseguire fino al Sanscrito,la lingua sacra dell’ India. Così,anche senza sapere un’ infinità di cose,amava ripassare,ricordando,ciò che aveva letto, ciò che lo aveva colpito, sempre dentro i suoi limiti.
Io non ho saputo rispondere a mia madre ,come avrebbe fatto mio padre.
-Ora che non c’è,lei se l è ricordato-,mi sono detta tra me, con una certa rabbia,che tuttavia ho saputo celare e anche superare.
Non ho mai amato le feste comandate ,quelle a cui si deve partecipare con una sorta di idolatria di” riti” elevati a tal rango dalla macchina del consumo o dalle regole dettate dagli idioti.Questa anno l ho detestato un po’di più, giacché si avvicina ormai il rientro a scuola, una scuola insulsa ed ora anche dell’ estorsione,del ricatto.
La scuola delle anime morte che tirano pietre ai vivi.
E di una figlia, che non so come risparmiarla dalla stupidità al potere, serva del Potere.