Ma quale tabacco metteremo dentro il fornello della nostra Pipa?
Paradossalmente con il diminuire degli estimatori del lento fumo sono aumentate a dismisura le miscele in commercio. In Italia se ne possono trovare, a patto che ci si rivolga ad una tabaccheria specializzata, ben oltre un centinaio. Tuttavia si tratta appunto di miscele, per realizzare le quali si usano dei tabacchi naturali che vengono poi opportunamente essiccati, conciati, stagionati e mescolati con altri.
Uno dei più diffusi è il Burley. Di origine americana non ha un gusto particolarmente spiccato, ma viene usato come base nelle miscele per la sua caratteristica di assorbire gli aromi. Ne esistono tre tipi che si differenziano per intensità e che vengono usati soprattutto nelle miscele di gusto americano, olandese e danese.Il Kentucky appartiene alla classe dei fire-cured o dark-fired, cioè curati a fuoco diretto. Per via del suo aroma intenso e del gusto tipico e pieno viene utilizzato da oltre duecento anni per la realizzazione dei sigari Toscani. Allo stesso tempo viene impiegato spesso nelle misture da Pipa; serve a dare corpo alle più varie miscele: nei Black Cavendish, nei trinciati scuri di tipo europeo e, a volte, ma in modo molto più parsimonioso, nelle mixture inglesi. È alla base dei pochi prodotti che si realizzano in Italia, visto che nel nostro paese se ne produce parecchio, in particolare nella Val Tiberina e nel Beneventano.
Il Latakia, proveniente dalla Siria o da Cipro, ha un aroma molto spiccato e riconoscibile. Viene utilizzato in quantità, mai al di sopra del 50%, soprattutto nelle misture inglesi alle quali fornisce il caratteristico profumo. Per la sua produzione le piante intere ed essiccate vengono sottoposte ad affumicatura su fuochi di legna aromatica, processo che dona al tabacco il tipico colore scuro e l’aroma caratteristico di fumo. Si narra che molto tempo fa, invece della legna, si utilizzasse la cacca di cammello essiccata. Ma temo che si tratti soltanto di una leggenda.
I tabacchi orientali o turchi o levantini appartengono tutti alla classe dei sun-cured, cioè curati al sole. Sono di origine e provenienza diversa e vengono coltivati in molti paesi del Mediterraneo come Grecia, Turchia, Libano e pure in Bulgaria e nella Macedonia del Nord. Questi tabacchi hanno foglie più piccole rispetto a quelli fin qui considerati. Leggeri, di aroma e gusto erbaceo e delicato e di ottima combustibilità, sono presenti un po’ in tutte le miscele.
Il Virginia è il tabacco più coltivato al mondo per via del fatto che serve a produrre le sigarette e diverse qualità di sigari. Viene utilizzato anche nelle miscele per pipa, soprattutto come base di quelle inglesi. Se ne contano almeno nove varietà che si differenziano in base al grado di stagionatura. Quelle più “giovani”, di colore giallastro, tendono a pizzicare la lingua. Col passare del tempo si scuriscono e diventano più morbide. Di buona combustione, possiedono un aroma inconfondibile, un sapore dolce, penetrante e vagamente fruttato.
Tutti i tabacchi scuri e curati ad aria vanno sotto la categoria dei Tropicali. Molto usati nelle misture europee vengono utilizzati per lo più nella produzione di sigari. Hanno buona combustibilità, e aroma e gusto caratteristico di “sigaro”. I più noti sono il Maryland, il Carolina e l’Havana.
Lasciamo per ultimo il Perique, perché non si tratta di una qualità di tabacco particolare. Sostanzialmente è un Burley che però cresce soltanto in una piccola regione della Louisiana a sud di New Orleans. Sembra che se la pianta viene piantata altrove perda tutte le sue caratteristiche; se invece si piantano dei germogli qualsiasi in quella zona, nel volgere di due generazioni si trasformano in puro Perique. Ciò ne fa il tabacco più raro del mondo, e di conseguenza il suo prezzo è altissimo. D’altra parte non è adatto ad essere fumato puro. Viene utilizzato solo in piccole quantità come “condimento” in diverse misture. Ha un aroma molto caratteristico di fichi secchi, prugna e pepe. Anche la lavorazione è piuttosto complessa: dopo l’asciugatura ad aria viene sottoposto ad un lungo processo di doppia fermentazione, ottenuto mediante successivi periodi di macerazione delle foglie nel suo stesso succo spremuto a pressione. Un processo per il quale come contenitori si usano botti usate in precedenza per l’invecchiamento del Burbon.