La produzione industriale italiana frena, ma in misura minore rispetto a quella tedesca. In Germania il calo è stato dell’1,9%, in Italia dello 0,7%. Non che ci siano motivi per festeggiare, non vale il “mal comune mezzo gaudio”.
Però è evidente che il modello di sviluppo non funziona più. Nè il finto rigore tedesco nè il pressappochismo italiano. E, se si vuole, il merito è soprattutto di Trump che ha fatto saltare il giochino perverso della globalizzazione.
Non che il presidente Usa abbia avuto la lucidità per prevedere le conseguenze planetarie del suo intervento da elefante in cristalleria, ma i risultati sono questi ed è con questi che bisogna confrontarsi. Il rallentamento degli scambi commerciali internazionali porta in primo piano l’importanza fondamentale dei mercati domestici. E le ricette degli euro cialtroni, austerità e povertà, vanno in direzione opposta alle necessità.
Mini jobs, precarietà, salari da fame impediscono lo sviluppo del mercato domestico ed impongono la riduzione dei consumi complessivi oltre a spostare gli acquisti verso articoli di più basso costo e di infima qualità. E se la riduzione dei consumi può indurre gli ambientalisti a festeggiare, lo spostamento verso prodotti di bassissima qualità (tossici, ottenuti con procedimenti industriali altamente inquinanti, con alimenti zeppi di residui pericolosi) dovrebbe preoccuparli.
Ovviamente minor produzione significa minor lavoro ed ulteriori minori consumi, in una spirale perversa e senza fine.
Ma per quanto riguarda l’Italia, i dati ISTAT forniscono un altro elemento di preoccupazione: per il settore auto il crollo della produzione è del 17,1%. In altri termini le vetture Fca non piacciono più, non si vendono e non si producono. Perché il mercato dell’auto nel suo complesso è in rallentamento, ma in misura limitata. Mentre per Fca la caduta è verticale. Non basta approfittare dei vantaggi fiscali ottenuti a Londra ed in Olanda se poi non si fabbricano auto di buon livello e ad un giusto prezzo. D’altronde il rifiuto di Nissan di allearsi con Fca rappresenta un chiaro segnale.
Vale per Fca, ma non solo. Il livello della qualità di molte produzioni si è abbassato per lucrare sui margini. Con il risultato di perdere quote di mercato. La precarietà dei lavoratori non aiuta la qualità, la povertà non fa aumentare le vendite. È il modello nel suo complesso che va rivisto. Nonostante i Moscovici di turno.