“Scusi prof…” una voce incorporea. È l’ultima ora di lezione. In DAD, ovviamente. Benché duri, a periodi alterni, da oltre un anno, non riesco a farci l’abitudine. Voci senza volto. Icone scure sul tablet…
Comunque, questo deve essere il biondo ricciolone della penultima fila. Sveglio. E non ancora proprio un coatto…
Dimmi.
“Ma sta cosa di Tacito… sì, insomma quella della Germania, l’elogio dei barbari, come ha detto lei, che sono coraggiosi, forti, sani… insomma, non è un poco strana? In un romano, intendo…”

Vedi. Può sembrare strano, se non si capisce che Tacito parla, per così dire, a nuora perché suocera intenda.
“A’ proffe, ma questo è modo de dì nostro, di noi romani…me sta a diventà dei nostri pure lei… ” sorrido. Incorporeo o no, il Boro si fa subito riconoscere…
Non fia mai! (risatine rese chiocce dai microfoni). Comunque quello che volevo dire è che Tacito esalta le virtù dei barbari per sottolineare la decadenza e la mollezza degli uomini civili. Ovvero dei romani. E soprattutto della loro élite. Cui lui stesso appartiene.. È un modo di dire ai suoi: non adagiatevi troppo sugli allori passati. Non crogiolatevi nei lussi e nei piaceri. Perché tutto quello che avete potreste perderlo. E poi non è merito vostro…
“E de chi sarebbe stato merito l’impero, se non dei romani”
Dei romani, certo. Ma non di quelli suoi contemporaneamei, cui si rivolgeva.. dei romani antichi. Quelli che avevano fondato Roma e costruito la sua potenza. Gente dura, austera, tosta. E, a ben vedere, alquanto primitiva. Insomma, dei barbari, non dissimili dai Germani…
“Ah come in quel filme, Er primo re, me pare… Dove Romolo stava vestito de stracci, vivevano in delle baracche, e parlavano, poi, na lingua strana…”

Bravo. Talvolta mi fai venire il dubbio che sia già Pentecoste… Comunque, la lingua strana è una ricostruzione, filologica, di come poteva essere il latino arcaico… ma per il resto penso che fosse azzeccato. Preciso.
Perché gli uomini che fondarono Roma non dovevano essere molto diversi. Dei Barbari agli occhi dei ben più civili etruschi. Per non parlare dei Greci. E Tacito di questo sta parlando…
“Ma perché proffe… I Romani de’ suoi tempi s’erano infrolliti? Ma non era na grande potenza Roma?”
Sì, era grande. Anzi proprio ai tempi di Tacito aveva raggiunto la sua massima espansione con Traiano. Era al culmine della ricchezza. Pace interna. Commerci….
” E allora? De che se preoccupava? Mica portava un po’ de jella… “
Tacito aveva la vista lunga. Intuiva che quando si è raggiunta la vetta è facile cadere. E infatti poco più di mezzo secolo dopo iniziarono le invasioni barbariche… E poi lui vedeva chiaramente come ormai nelle legioni vi fossero ben pochi romani o italici. Erano i barbari a formare il loro nerbo. E lo stesso Imperatore Traiano, il più grande generale dei suoi tempi, era un iberico. Romano, certo. Ma proveniente dall’Iberia. Dalla Spagna, per voi asini geografici…
“A’ prof. mo però ce deve spiegà ‘ndo sta la Spagna…” me l’aspettavo…
Dalle parti di Ibiza…
“İbizaaaa…” risate. Filtrate dai microfoni. Ma sincere. E liberatorie. Continuo.
Vedete. Lo stesso tema Tacito lo affronta nell’altra monografia. De vita et moribus Giunii Agricolae. Che è in parte l’elogio funebre del suocero…
“Pe la morte de suocera, invece, organizzò un festino…” mi unisco anch’io alle risate. L’atmosfera, finalmente, è più tersa…
Poi…
In altro senso è, però, anche uno studio sui costumi dei popoli britannici. E un esempio di oratoria politica.
Bene, ad un certo punto Tacito inserisce un discorso. Tenuto ai suoi guerrieri da Calgaco. Prima della battaglia in cui Giunio Agricola sconfisse i Caledoni…
Silenzio. Neppure un fruscio. Telecamere spente
Dove sta la Caledonia, secondo voi?
Mi immagino le facce imbarazzate. Gli sguardi persi nel vuoto. In classe sarebbe, certo, così. In classe…
“Norvegia?” più un borbottio che una affermazione.
“No sta là, dove si fa la Coppa America? In Nuova Zelanda…”
Almeno in questo una qualche logica c’è. Ma io sto parlando della Caledonia, non della Nuova Caledonia. E la Caledonia è la Scozia… E Calgaco era un capo, o re, dei Picti. Antico popolo che i Romani chiamavano così perché usi dipingersi di blu prima..
“Prima de andà a cantà a San Remo…”
Stavolta le risate attraversano lo schermo. E qualche telecamera si accende. Vedo un paio di facce, un soffitto. Un gatto rosso che mi fissa…

Comunque Calgaco tiene ai suoi un discorso, che è, però, tutta farina del sacco di Tacito. Un discorso sulla libertà. In cui afferma che bisogna essere pronti a sacrificare la vita per la libertà…
“A proffe… un bel fanatico sto Calcoso..”
Forse. Ma pensaci un attimo. Se si è pronti a morire per la libertà non si potrà essere mai schiavi di niente e di nessuno. E si vivrà con pienezza. Se, invece, si ha paura, si finirà con l’essere schiavi. E a condurre un’esistenza miserabile. Una non vita, dove saranno altri a decidere, a loro arbitrio, cosa dobbiamo fare. In tutto. E anche quando, e come, dobbiamo morire. Perché lo schiavo si illude solo di vivere. Ma non dispone della sua vita. E prima o poi morirà. Senza aver mai vissuto Quindi, meglio avere coraggio… E rischiare. Piuttosto che…
Si è fatto silenzio. Le telecamere si sono nuovamente spente. Tutte. È un silenzio diverso, però… Poi, il Boro…
“Prof… Ma semo sicuri che questo è il discorso di Calgaro o come c… se chiama, o non è invece un suo discorso?”
Sorrido. E Taccio.
Cade la connessione.
1 commento
Ciao Andrea, leggendo questo tuo pezzo sembra di essere dietro quelle telecamere intermittenti. Vien voglia di assistere alle tue lezioni, vien voglia di sapere. Bella fortuna i tuoi ragazzi! Tuttavia, sulla questione della libertá non riesco a posizionarmi del tutto dalla parte di chi ritiene che sacrificare la propria vita per la libertá sia giusto, quando muori ,in definitiva, la tua libertá finisce.. Spesso grandi oratori, demagoghi, predicatori hanno spinto le masse verso la morte, lo ha fatto anche la Chiesa predicando il sacrificio terreno nella promessa di una felicitá paradisiaca. Io, onestamente, non credo che sarei in grado, qualora venissi chiamato a farlo, di sacrificare la mia vita; forse i troppi sacrifici della storia pesano sulle nostre molli coscienze.