E’ di questi giorni una notizia proveniente dalla Svizzera che definiremmo ridicola se non fosse, in realtà, tragica. Un cittadino elvetico di 64 anni ha cambiato sesso per riuscire ad andare in pensione un anno prima. Lì infatti il limite di età previsto per le donne è appunto di 64 anni contro i 65 degli uomini. Ma come avrà fatto, vi starete chiedendo. E, soprattutto, chissà attraverso quale procedura complessa e infinita dev’essere passato. Invece no. Dal primo gennaio di quest’anno, nella civilissima Svizzera, cambiare sesso è facilissimo: dieci minuti di colloquio per accertare le “capacità di discernimento” del richiedente ed il pagamento di 75 franchi svizzeri, pari a circa 70 euro nostrani.
Forse la procedura è eccessivamente semplificata ma di sicuro vi saranno controlli serrati per impedire casi come quello sopra citato. E invece no. Pare che tra la pubblica amministrazione girino indicazioni precise sul chiudere un occhio, anzi entrambi, di fronte a spudorati casi di frode per evitare l’accusa più infamante degli ultimi anni: la transfobia.
Purtroppo questa notizia non è certo unica e rara. Non passa ormai giorno che non si parli di un atleta, di solito statunitense, che pur essendo biologicamente maschio partecipa alle gare femminili, secondo quell’idea bizzarra che era alla base anche del ddl Zan per cui il sesso è un fatto puramente culturale e non biologico. In sintesi: si possono avere anche i coglioni (anche se ne dubitiamo che qualcuno li abbia ancora, osservando gli zombies che camminano per le strade delle nostre città…) ma sentirsi tranquillamente donna. E tutto questo deve essere garantito dal diritto.
Ma com’è possibile che si sia arrivati a queste aberrazioni? La risposta è molto semplice: oggi purtroppo viviamo in un Sistema che ha una struttura capitalistica ma, anzi proprio per quello, un’ideologia di fondo profondamente comunista. Ricordate qual era il sogno (sarebbe meglio definirlo incubo…) del buon vecchio Karl Marx? L’eliminazione di tutte le strutture comunitarie e sociali che comprimevano l’uomo, ostacolo per il ritorno al comunismo primitivo quando si viveva nella felicità e nella prosperità.
I suoi nipotini del Terzo Millennio hanno però compreso come quell’ipotesi non fosse sufficiente o addirittura destinata al fallimento. L’obiettivo dev’essere più elevato: l’abbattimento della struttura umana in sé. Eliminare l’Essere dell’uomo, la sua essenza, per arrivare al comunismo inteso come mondo privo di forme, identità e specificità. Tutti i veli sono stati levati ed il comunismo, per quanto si tenti di non utilizzare più quel sostantivo considerato eccessivamente nostalgico, ha dimostrato la sua vera natura: quella diabolica.
Attenzione però al senso di quest’ultimo termine. Non intendiamo certo riferirci all’uso moralistico o cristiano dello stesso. Vi invitiamo invece a riflettere sull’etimologia della parola. In greco antico dià-ballo significa dividere. Ed è proprio quello oggi l’obiettivo: dividere l’uomo da sé stesso, dalla sua più profonda essenza. E come opporsi a questo disegno? Non certo con posizioni ridicole e di fatto impolitiche basate sui “ben tempi andati”. Pensiamo invece ancora una volta al greco antico. Sapete qual era il verbo usato per indicare l’unione? Simballo da cui deriva anche la parola simbolo. Ora capite perché negli ultimi anni la scure liberticida si è scagliata, apparentemente senza motivo, contro simboli antichi ma considerati “maledetti” per il loro uso politico, come la croce celtica o lo swastica? Perché il simbolo ha proprio questa funzione primaria di unire. E in una società tutta protesa alla disunione questo non può assolutamente essere tollerato. Allora riappropriamoci come europei dei nostri simboli più antichi ed eterni, soprattutto di quelli mai utilizzati in passato per scopi politici, e innalziamoli su bandiere accarezzate dal vento e baciate dal sole.
Così facendo il messaggio sarà molto chiaro ed immediato: noi continueremo a tenere unito l’uomo al suo Essere, voi continuate pure con le vostre diavolerie, ce ne freghiamo!