Ultima tappa – Santiago
Ormai è fatta, mancano 9 chilometri circa… dobbiamo passare il “dolce” colle di Monte Do Gozo e poi saremo a Santiago… io e Alessandro, come ogni mattina, prepariamo il nostro Zaino, controlliamo di non aver dimenticato nulla e siamo pronti per partire… mentre stiamo facendo colazione, dai vetri del bar, compare un pellegrino… rumoroso, guascone e dotato di bacchette antisesso … è EMANUELE!!!!!
Se vi ricordate nelle ultime due tappe i “tre pellegrini” si erano divisi ed Emanuele era rimasto qualche chilometro indietro… “ragazzi mi sono svegliato alle 6 così vi ho raggiunti e ora possiamo arrivare insieme a Santiago!”.
Si è vero, a più riprese ho detto che durante il Cammino si conosce e si lascia andare, e ancora che ognuno ha il suo percorso… ma qui è differente; siamo partiti insieme, abbiamo condiviso tutto il cammino e tante esperienze noi 3, ci siamo confrontati, sfogati, consigliati, incitati, aiutati per quasi venti giorni… NON potevamo arrivare a Santiago divisi… anche perché con tutte le differenze, peculiarità e unicità di ognuno di noi dopo un’esperienza come quella che ho provato a descrivervi siamo diventati un’entità unica… un po’ “disadattata” ma incomparabile…
Io e Alessandro eravamo così felici… e, come se fosse appena tornato dal Vietnam, ci siamo alzati e l’abbiamo accolto con un abbraccio fraterno!! (lo comprendo… “ma perché tutto questo entusiasmo? Alla fine erano due giorni che non vi vedevate!!!” eppure… è stato un regalo davvero incredibile…forse insperato, non perché mettessi in dubbio la Voglia di Emanuele di concludere il viaggio insieme a noi, ma in 19 giorni di “sveglie” non ne aveva rispettata nessuna, pertanto temevo che anche oggi non vi fosse differenza..).
L’arrivo a Santiago senza Emanuele sarebbe stato monco, privo di una parte importante del nostro personale Cammino, ora però siamo al completo e il trio pellegrino, dopo la classica capatina mattutina di Emanuele in un “Aseos”, partiamo… non smettiamo un secondo di parlare… ci raccontiamo in modo minuzioso ciò che è accaduto nei giorni in cui siamo stati divisi, quasi a consentire all’altro di poter rivivere anche quella parte di cammino in cui non era presente…
Saremmo dovuti arrivare a questa tappa preparati sia dal punto di vista fisico sia da quello mentale, in fondo stiamo parlando di pochi chilometri, invece accade tutto il contrario, costeggiamo centinaia di croci costruite con rami secchi e lasciate nei bordi dell’ultimo tratto del Cammino, si percepisce la sofferenza, man mano che ci avviciniamo alla Città di Giacomo siamo immersi in molto dolore e sofferenza, i pellegrini si moltiplicano e stranamente il rumore e le parole diminuiscono, quasi come per rispetto di qualcosa di più grande… si percepisce il dolore ma allo stesso tempo si riconosce uno spirito battagliero ossia una voglia di “non arrendersi” e combattere e andare avanti, più forti del dolore, più forti di tutto: “ULTREYA”.
Ci scoppia il cuore, incomprensibilmente ci abbracciamo, sorridiamo, rallentiamo il passo quasi a voler procrastinare il momento dell’arrivo, così per fissare e puntellare al cuore e ai ricordi i paesaggi percorsi, le persone incontrate, le paure sconfitte e superate, le fatiche, le risate; ripercorri ogni tappa con il naso all’insù, e lo rivivi velocemente… e l’intensità è tale da spezzarti le parole in gola… ti rendi conto che il Cammino sta per terminare… ma non sei triste… perché forse è stata l’esperienza più vera della tua vita e poi sai che da domani ne inizierà uno nuovo… quello della vita reale.
Arriviamo alla sommità dell’ultima collina prima di Santiago e troviamo il grande monumento realizzato per ricordare la visita di Giovanni Paolo II e un (apparentemente) meraviglioso Mirador…
Corriamo verso l’enorme statua (o meglio cerchiamo di correre anche perchè tra cerotti, vesciche, tendiniti, menischi usurati e zaini iper carichi sembriamo tre gobbi di Notre Dame), vogliamo vedere la Città dall’alto… ma purtroppo il “belvedere” di Monte do Gozo è bruttissimo… non si vede NULLA! “C**** una corsa così… e non possiamo fare nemmeno una foto??”
Mancano 4 chilometri… già se non ci fossimo persi… (perdersi all’arrivo è davvero impossibili ma noi 3 ci siamo riusciti… è stato davvero frustrante perché stavamo assaporando l’arrivo… e invece, dopo l’entrata in città, le “canoniche” fotografie davanti all’insegna di SANTIAGO, decidiamo, incomprensibilmente di seguire un ciclista… e dopo due chilometri ci ritroviamo nella periferia della Città galiziana… incontriamo scalinate infinite, salite nervose, discese degne del peggior super G… ma finalmente, dopo varie imprecazioni (arrivati a Santiago poi saremmo tornati “puri” quindi in quel frangente abbiamo dato il meglio di noi stessi… [mi permetto di evidenziare che quella di prima è una mera battuta!]), entriamo nella zona pedonale…
Le stradine, tutte lastricate, sono piene di persone… pellegrini, turisti, famiglie, ciclisti, personaggi “strani” con enormi bastoni di legno che forse vogliono dire al mondo che loro sono ancora più pellegrini, ambulanti, milioni di negozietti e locande, tavolini con ghiacciate “birrette”… per persone che arrivano da chilometri di “quasi nulla” entrare a Santiago è come entrare a Time Square per la prima volta…
Lo stupore è tanto ma l’attenzione va altrove… alla piazza… dopo centinaia di metri leggiamo l’indicazione della Cattedrale… e come se qualcuno dall’esterno avesse messo “mute” alla mia giornata, i rumori spariscono, le voci si spengono e gli occhi puntano “pazzi” alla piazza… le gambe vanno da sole… tutti e tre aumentiamo il passo… non ci parliamo… stiamo parlando con noi stessi, voglio gustarmi ogni singolo aspetto di questo arrivo… attraverso la Porta do Camino… lentamente scendo la scalinata di praza de Immaculada e arrivo nella piazza Obradoiro… il sole mi schiaffeggia la faccia… lentamente arrivo nel centro della piazza e mi volto… la Cattedrale svetta… io mi lascio cadere per terra… slaccio per l’ultima volta lo zaino e mi sdraio… non guardo un punto preciso… forse i miei occhi puntano una direzione ma io non vedo nulla… sorrido… “sono riuscito!! E c’eri anche tu con me, che ora come ora non avresti potresti farlo… ma se… torniamo insieme”… da lontano sento la vociona di Alessandro che tuona “Amico mio siamo riusciti C*****!” (le parolacce non hanno mai ucciso nessuno… nemmeno davanti ad una Cattedrale e dopo un pellegrinaggio quindi NON fate quelle facce lì…) ci abbracciamo… e tutti e tre spalla a spalla, così come per tutto il Nostro “differente” Cammino, ci sediamo, in silenzio, a guardare il cielo che sovrasta la Cattedrale e ad assaporare ciò che abbiamo appena fatto…
Non un semplice viaggio… bensì un percorso dentro noi stessi…