Settima tappa – Trabadelo – O Cebreiro
Oggi ci tocca il mitico passo del Cebreiro, un vero e proprio “spauracchio” per tutti i pellegrini; man mano che vi avvicinerete a questa tappa sentirete frasi del tipo “domani hai la salita di O Cebreiro!!! Dura…” “Già fatta? Eh preparati perché sono 18 chilometri che non mollano mai!!!”.
Prepariamo lo zaino, facciamo colazione, aspettiamo Emanuele (ormai non un’abitudine ma un rito di buon auspicio) che era alla ricerca di un “qualcosa” dimenticato in qualche meandro dell’Albergue e partiamo direzione Las Herrerias.
In questi 10 km procediamo ancora insieme alle nostre amiche che poi si fermeranno proprio in quest’ultima città della Castilla, già perché oggi entreremo in Galizia (l’ultima regione che attraverseremo in questo Cammino).
Ricordate quel senso di “tristezza” che si percepiva durante la cena della sera prima? Bhe oggi tutto era sparito… Ha senso non vivere a pieno qualcosa perché siamo tristi per qualcosa che “forse” accadrà? NO!
Sapevo perfettamente che non avremmo continuato il percorso insieme ma non mi interessava perché in quel momento eravamo insieme e volevo godermi a pieno la conoscenza di persone meravigliose, pezzi di cuore, che forse non avrei più rivisto.
Ridiamo, giochiamo, mangiamo ciliegie (offrendole peraltro a tutti i pellegrini che incontriamo. Ricordate non offrite le ciliegie ai giapponesi vi scambieranno per uno spacciatore di eroina e dopo avervi lanciato uno sguardo terrorizzato scapperanno via…), parliamo, parliamo, parliamo, gli occhi brillano, i cuori leggeri sussultano ma i piedi procedono e in poco ci troviamo ad un bivio… a destra si continua a sinistra ci si ferma… noi tre andiamo a destra le nostre amiche a sinistra.
Un abbraccio che segna l’interruzione di un percorso condiviso… Santiago è anche questo, quante volte è capitato in questo viaggio di salutare amici o di vedere due pellegrini che dal niente davanti a biforcazioni si fermavano e si abbracciavano forte, lungamente, con verità per poi voltarsi e procedere.
Non fermatevi banalmente solo all’aspetto sessuale, attrattivo tra sessi diversi o uguali, qui c’è molto di più, perché durante il cammino ci si scambia molto di più che un’emozione fisica, ci si dona il cuore, costantemente, perché quando apri i tuoi sentimenti, i tuoi dolori, liberi la tua immagine dalle maschere e dalle sovrastrutture, a perfetti sconosciuti essi diventano parte di te per sempre.
Non voglio sembrare un invasato post Cammino di Santiago, infatti sono ben conscio che fra 10 anni probabilmente non ricorderò il nome di tante delle persone incontrate ma mai potrò scordare quello che con loro è accaduto e con loro è stato condiviso (magari anche per soli 2 chilometri).
Ci allontaniamo con i nostri grandi zaini e ad intermittenza ci giriamo per salutare ancora con lo sguardo le nostre amiche fino a quando non le vediamo più. Raggiungiamo il fondovalle e finalmente iniziamo la “famigerata” salita!
Emanuele, più abituato di me nelle salite di montagna, come uno stambecco velocemente mi precedeva e scalava la mulattiera con una facilità impressionante, io e Alessandro, invece, arranchiamo, i tendini urlano, i chilometri non accennano a diminuire, il bosco intorno a noi è meraviglioso ma la stanchezza è troppa e il paesaggio passa in secondo piano… la pendenza è importante e si sente tutta… (forse anche perché la pendenza più ardua che ho fatto nella mia vita è stata la rampa del mio garage).
Superiamo la Faba, minuscolo paesino Castillano (sinceramente è più simile ad uno spiazzo di cemento dove troviamo un bar/alimentari e una fontana a cui si abbeverano le mucche provenienti dai vicini pascoli), e ritorniamo sulla “maledetta” mulattiera…
Manca poco… la sensazione è meravigliosa… probabilmente al mio arrivo ad O Cebreiro mi taglieranno i piedi ma sono comunque felice, solo perché questa tappa sta per terminare!!! Faticosamente arrivo in cima dove mi accolgono i miei amici Emanuele e Alessandro che avevano “corrotto” altri pellegrini a farmi una “ola” al mio arrivo… mi sono sentito un maratoneta che vince NY!
Il dolore, però, è tanto… slaccio le scarpe, tolgo le calze e inizio a spruzzare litri di ghiaccio spray… metodo rozzo ma efficace perché dopo pochi minuti non avevo più la percezione di avere le gambe ma… non sentivo nemmeno il dolore!
Una ragazza tedesca (partita da Stoccarda a piedi) si avvicina e mi dice “vuoi una mano? Posso massaggiarti il piede?” … io sgrano gli occhi e lei aggiunge “sono una fisioterapista”, l’aiuto e la disponibilità a supportare lo sconosciuto che arranca è un elemento meraviglioso di questo viaggio!
Andiamo in Albergue (Casa Frade) e io sofferente svengo sul letto sino alla sera; i miei amici invece, decidono di ristorare il loro stomaco e si recano al bar sottostante (O Cebreiro è un villaggio costituito da due meravigliose piccole viette).
Quando mi sveglio e mi reco al bar sottostante per cenare ciò che mi si palesa davanti non è qualcosa di normale; i miei amici sono diventati i “sindaci” del piccolo paese e intorno a loro orbitano 20 ragazzi e ragazze di tutte le nazionalità che brindano in continuazione e urlano “Gioia”. Il termine “rumore” non rende la realtà che ho potuto vedere, in quel bar c’era un vero e proprio delirio di felicità… dopo alcune (ovviamente è un eufemismo) bottiglie di vino tinto la forza vitale ha abbandonato i miei compagni di viaggio e i loro nuovi adepti che alla spicciolata abbandonavano la locanda per recarsi alla loro abitazione…
Domani, se riusciremo a svegliarci, procederemo per 21 chilometri fino Tricastela.