Ottava tappa – O Cebreiro – Tricastela
Oggi 21 chilometri, io ed Emanuele ci svegliamo tardi, Alessandro si era già messo in cammino, ognuno ha i suoi ritmi, i suoi tempi, e tutto questo è assolutamente normale, generalmente in una classica “vacanza” il fatto di andare in spiaggia da solo o a fare qualcosa che non fa il gruppo potrebbe essere figlio di grandi litigate “se fai quello che vuoi perché sei venuto in vacanza con me?”, invece qui “ognuno ha il SUO personale cammino” e tutti lo rispettano.
Sono le 11:00 e al bar sotto l’Albergue ci siamo solo io e il mio amico a fare colazione, troppo presto per i nuovi arrivi, troppo tardi per incontrare qualche pellegrino in partenza, ci godiamo una colazione spartana ma genuina in questa locanda davvero preziosa, una casupola di pietra (viene definita “palloza”) leggermente austera, sembra proprio la magione di una strega e in effetti anche la proprietaria, seppur gentilissima, assomiglia in tutto e per tutto ad un perfetto incrocio fra una strega medioevale e il cantante dei Cure Robert Smith.
Belli appesantiti e sotto un sole “pazzo” che spacca le pietre decidiamo di partire per Tricastela (a livello di strategia io e il mio amico non siamo performanti al massimo…), una tappa sulla carta “riposante”, non troppo lunga e quasi tutta in discesa.
Attraversiamo minuscoli centri abitati, per il quale il termine paese appare eccessivo, qualche chiesetta diroccata e tanti cani… Sarà stato per l’incontro di qualche giorno prima con quel “cagnolino” leggermente incazzato eppure da lì ogni volta che ho trovato sulla mia strada un cane libero mi trasformavo in Massimo Boldi ripetendo in loop “bestia che paura bestia che paura”.
Vi tranquillizzo da subito… NON sono stato più inseguito da nessun “perro” spagnolo ma ora ho paura anche dei piccoli carlini.
Tra una confidenza e una risata io ed Emanuele arriviamo ad Alto do Poio, ci restano da percorrere solo 12 chilometri, attraversiamo boschi e pascoli e dopo aver passato l’aldea di Castanheira (famosa per un castagno secolare dal tronco nervoso e tormentato) ci troviamo a Tricastela, la città più brutta della Galizia (dovrebbero, per serietà e corretta informazione, scriverlo nell’insegna all’ingresso).
Pensate che la guida la definisce così “Non aspettatevi di trovare tre Castelli. Perché non ce n’è nemmeno uno anzi non c’è proprio nulla!”.
In effetti è proprio così: una via, una chiesa chiusa, un piccolo cimitero (molto antico e interessante), un ristorante, un bancomat, una farmacia e un bar, quest’ultimo però a colazione non aveva nemmeno i cornetti o il caratteristico pan y tomate “yo tengo solo cafè”!
Dopo tanta fatica, belli sudati e sporchi, entriamo nel nostro albergue. All’ingresso ci accoglie una testa mozzata di una bambola che ci fissa come nei peggiori film horror e davanti alla porta di ingresso un triciclo… e un’anziana donna che ridendo pronunciava uno spagnolo incomprensibile: “ok. Questa sera morirò ucciso dalla bambola assassina in questa ghost town”!
Dopo esserci rilassati ed esserci confrontati sul percorso fatto con l’altro mio compagno di avventura Alessandro, che nel frattempo era già arrivato da più di un’ora, andiamo a fare un giro per la Città, scendiamo e arriviamo nella via principale e ci sediamo al ristorante; il giro della Città è terminato!
Nella desolazione della città fiorisce una meravigliosa serata: tre amici, una cena molto buona, birre fresche e confidenze e confronti, “cosa vorresti da questo cammino?” “cosa auguri a te stesso?” “perché sei realmente qui?” “cosa pensi che io debba migliorare?”, discorsi pesanti, intimi a volte scomodi che magari nella quotidianità non hai voglia di affrontare…eppure qui a Santiago sgorgano come acqua da una cascata, in modo naturale senza freni…
La semplicità di una cena fra amici rende Tricastela sempre una città orribile ma comunque un luogo a cui associare uno splendido momento di amicizia.