Gualtieri sì, Gualtieri no, Gualtieri forse. Non è la terra dei cachi, ma le somiglia. E Bertolaso sì, ma anche no. La demolizione dei partiti tradizionali, voluta da Sua Divinità e da chi lo ha imposto, porta inevitabilmente al caos che si sta estendendo in ogni città alle prese con il voto delle amministrative rinviato all’autunno. Burattini intercambiabili, buoni per ogni partito e per ogni alleanza. Carta vince, carta perde, volta la carta.
Così il centrodestra governativo, che aveva trovato l’intesa sul nome di Bertolaso per il comune di Roma, si ritrova senza candidato e, di conseguenza, spiazzato anche nelle altre grandi città. I 5 Stelle insistono sulla scadente Raggi, che difficilmente otterrebbe l’appoggio del Pd lettiano. Pronto, perfino, a sostenere Calenda pur di evitare una replica del disastro grillino. Però l’alleanza rossogialla potrebbe sostenere Fico a Napoli. Mentre a Torino il nuovo corso di Letta potrebbe penalizzare Lo Russo e favorire un comunque improbabile recupero di Saracco.

L’altra grillina scadente, Appendino, insiste per un accordo a 3 con 5 Stelle, Pd e LeU nel capoluogo subalpino. Ma il leader dei Moderati, Portas, benché parlamentare eletto nelle liste Pd potrebbe a quel punto sostenere il civico Damilano, teoricamente candidato della Lega ma con una squadra di centrosinistra.
A Milano la gauche caviar anti milanese sostiene Sala, che vincerà senza troppe difficoltà. Dunque non è chiaro dove il centrodestra pensi di poter ottenere qualche risultato positivo pur in assenza di candidati adeguati. Se poi le speranze di successo sono legate, a Torino, ad un candidato di centrosinistra spacciato per rappresentante del centrodestra, la farsa è completa.

La difficoltà sarà quella di andare a spiegare agli elettori della destra subalpina perché mai dovrebbero sostenere il candidato preferito dai renziani e dai moderati. Soprattutto se il fronte opposto dovesse schierare il rettore del Politecnico che non appare proprio come un rivoluzionario bolscevico. Ma anche Lo Russo, altro esponente del Poli, non è un pericoloso sovversivo. La scelta tra un piddino che tende al centro, ed un centrista come Damilano che tende a sinistra non è proprio l’opzione ideale per gli elettori di destra. Forse è la scelta perfetta per i vertici che, di fronte alla prospettiva, tacciono senza cedimenti di sorta. “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole. E più non dimandare”. Ma almeno Virgilio non pretendeva che Caronte e Minosse votassero anche.