“Dove sei” la sua voce mi giunge nei vento fresco del mattino. Mentre guardo le montagne inondate dal primo sole.
Al solito bar nel giardino, rispondo. Stiamo festeggiando il compleanno di un amico…
“Già, e visto che non sono ancora le otto, con i cappuccini, immagino..” ride…
No, non con i Cappuccini. Con un Minore.
Nel silenzio che segue, mi sembra quasi di poter vedere il suo sguardo perplesso.
Glielo spiegherò poi…
Il fatto è che eravamo davvero insieme ad un Frate Minore. Vecchio Padre Spirituale di un mio, vecchio, amico. E stavamo brindando con lui.
Sarà stata anche un po’ assurda, ma dovrete ammettere che la battuta è buona.
E non priva di significato. Perché Minori e Cappuccini fanno entrambi parte della Famiglia Francescana.E, quindi, seguono la regola dettata dal Santo. E, se non ricordo male, approvata da Papa Onorio III.
Poi, però, quando Francesco era appena morto, e in parte già prima, sono cominciati i problemi. Perché, in fondo, i Francescani erano italiani, e qui da noi quando ci si trova in quattro si gioca a briscola. In cinque si fonda un partito di cui tutti e cinque, naturalmente, aspirano alla presidenza…
E poi c’era un nuovo Papa. Gregorio IX. Che di Francesco era stato, da cardinale, amico e protettore. Ma era un politicone. E quindi, visto che la Regola quella era e mica si poteva cambiarla, concesse di “glossarla”. Ovvero interpretarla. Insomma, se non è zuppa è pan bagnato…
E così cominciarono le fatture interne alla Famiglia. Prima Spirituali contro Conventuali. Quel di Casale e quello di Acquasparta, fa dire Dante, nel XII del Paradiso, a Bonaventura da Bagnoregio. Che dei Francescani era stato generale, oltre che grandissimo teologo. E depreca la frattura guidata da Ubertino da Casale da un lato (sì, proprio quello de “Il nome della Rosa” di Umberto Eco) e Matteo d’Acquasparta dal lato Conventuale. Poi sono venuti tutti gli altri. Cappuccini quasi tre secoli dopo, Terziari del terzo ordine regolare, di quello Secolare…e chi più ne ha, più ne metta.
Ora, qualcuno (il Direttore) si starà chiedendo se tutto questo sproloquiare sia dovuto ad una qualche mia preoccupazione senile, per il futuro della mia anima di, vecchio, peccatore.
Ma sono pronto a smentire. Perché la chiacchierata, e il brindisi, con il Frate Minore, mi ha ricordato che, fra pochi giorni, il primo novembre, cade il cinquantenario della morte di Ezra Pound…
“Ma quanto vi eravate bevuti quella mattina?”
Non (molto) più del solito. Ma vedete, il punto nodale della Regola francescana, quello che ha suscitato più dispute – ricordate il tema? Cristo, possedeva i suoi abiti?- scissioni e anche scontri non verbali, è quello della Povertà. E sempre Dante, che per i Francescani aveva una spiccata simpatia, ce lo chiarisce nell’XI, quando Tommaso d’Aquino ci racconta le nozze tra Francesco e Madonna Povertà. Che, ovviamente, sono una Allegoria. Che però ha un ruolo centrale nel pensiero di Dante. Convinto che l’avidità di ricchezze sia la causa prima della corruzione, non solo della Chiesa, ma dell’intero organismo sociale…
Si vabbè, Il solito pauperismo francescano. Utopia irrealistica…
Mi sembra di sentirli già i moderni apologeti del Libero Mercato. Zeloti del liberismo, tanto più zelanti perché convertiti di fresco, dal comunismo o dal fascismo poco conta. Tanto più zelanti perché… fondamentalmente opportunisti. E ignoranti.
Intanto il pauperismo di Francesco è una cosa ben più seria, e realistica, dell’odierna economia finanziaria. Astratta da ogni realtà economica. E, nella sostanza, inumana. Andate a leggere “Economia e dimensione Umana ” di Argo Villella. Non è stato, solo, un, lucido, analista economico. Era anche un uomo dal pensiero profondo. E di grande coscienza morale.
Comunque, il tanto disprezzato pauperismo francescano ha affascinato, ancora nel novecento, poeti come Arturo Onofri, e narratori ribelli come Marcello Gallian. Tutti presi dalla strana idea che sia il denaro a dover servire l’uomo. E non, come oggi avviene, l’esatto opposto.
Pound pone fra i temi centrali dei Cantos, l’invettiva contro l’usura. Ma non ce l’aveva con la squallida e spregevole figura del cravattaro di borgata, bensì con il sistema della finanza internazionale. Che è, poi, una forma mentis. Che corrompe e distrugge ogni cosa bella. Ogni sentimento mobile. Ogni forma di Amore.
Dal pauperismo di Francesco è venuta la musica delle Laudi. Lo splendore degli affreschi di Giotto. La poesia del presepe e il canto, altissimo, della Commedia.
Cosa verrà, cosa resterà di questa finanza usuraia che ci governa oggi?
Guardo il vecchio Frate Minore. Levo il calice per un brindisi. Poi, d’impulso, chino il capo.
Benedicite Pater.
Lui sorride. E mi pone la mano sulla testa.