“Guarda!” mi dice. E io alzo gli occhi. È una giornata nuvolosa. Intervallata da continui piovaschi. Non è proprio freddo…ma vi è una umidità che ti entra nelle ossa.
Però passeggiare è bello comunque. Qualche goccia di pioggia non nuoce. Non siamo…idrosolubili.
E poi, il paesaggio delle montagne sotto la pioggia, avvolte dalle nubi basse, che danno l’illusione della nebbia, è, semplicemente, magico. Non ci sono altre parole. Magico…
“Guarda!”
Alzo gli occhi e vedo…il Castello. Niente di nuovo si potrebbe dire. Abito qui da più di un mese, ormai, e il Castello lo si vede un po’ da tutte le angolature. Anche dalle finestre di casa… Incombe sulla valle. La domina. In fondo era il suo scopo. Una rocca che, nel medioevo, doveva sorvegliare il passaggio. E difendere l’accesso a Trento e al Tirolo.
Però, così, non lo avevo ancora mai visto.
Siamo in una piazza, quella dove hanno da poco inaugurato il monumento alla vita, di Paolo Vivian. Un albero color del sangue. Attorto. Stilizzato. Che si protende come un intreccio di vene. Verso il cielo.
Comunque, da quella piazza, il Castello si vede in tutta la sua estensione. Le mura, le merlature, le torri. Il mastio. Imponente.
“Guarda”
E alzo gli occhi.
Il Castello è avvolto dalle nuvole. Le merlature, le torri sembrano sbucare da una nebbia stregata. Mi vengono in mente leggende, immagini. Suggestioni. Avalon. Il mito Arthuriano. Il, cosiddetto, Ciclo Bretone. Con i poemi omerici e Veirgilio, uno dei pilastri su cui si fonda, e regge, la nostra cultura. Il nostro immaginario. Per lo più subconscio.
Il Castello avvolto dalle nubi, o da una fitta nebbia, è un luogo dell’anima. Lo troviamo in uno dei passi più ardui, e al contempo suggestivi, della Commedia. Nel canto IV dell’Inferno. Il Castello dei Sapienti, che si para davanti al Poeta, dalle nebbie del Limbo. Riecheggia il Castello del Graal, nel Parzifal di Wolfram von Eschenbach. Con Dante, la massima espressione della civiltà cortese del nostro medioevo. Quando l’Europa era davvero una. Senza bisogno di burocrazie e trattati. Una nella cultura. Una nella lingua, il latino medio. Una nei sogni e nell’immaginario.
“È bellissimo… però incute anche un po’ di… paura. Mi fa pensare…”
Al Castello di Dracula. Completo automaticamente la frase.
Il Castello che si erge tra le brume della Transilvania. E che esiste realmente. Luogo della storia e dell’epica resistenza di quelle genti all’avanzata turca…
Ma il, nostro, ricordo è piuttosto legato ai film con Christopher Lee. Alle storie, e agli incubi, di Bram Stoker.
Perché il Castello è anche questo. Incubo e inquietudine, che si ridesta nel profondo della nostra coscienza. E della nostra memoria collettiva.
Dracula, i vampiri, le potenze oscure della notte.
Non vi è, solo, il Castello del Re del Graal. Di Amfosrthas. Vi è anche quello di Klingsor. Il traditore. Il cavaliere divenuto un mago…nero. Il lato oscuro della Forza. Perché Lucas ha pescato da questo immaginario i suoi Jedi. E i Sith.
I due volti della nostra storia. E, a ben vedere, del nostro presente. Inscindibili, in fondo. Non vi può essere Parzifal senza Klingsor. Uno scontro eterno tra luce e tenebra. Tra Legge e Caos, come nella saga fantasy di Moorcock. Che da questo immaginario deriva. Come tutta la fantasy, la fantascienza, la narrativa fantastica moderna… Il Medioevo è sempre tra noi. O meglio, è sempre in noi. Come un Castello che spunta tra le nubi…
Sta ricominciando a piovere. Rientriamo?
“Ancora un momento. È troppo bello qui…”
Sorrido. Beh, mica siamo idrosolubili…