Parafrasando la celebre denuncia di Amleto, approfitto per segnalare la presenza di una personalità di genio anche nel piccolo territorio della provincia di Gorizia – oltre, naturalmente, al vicedirettore di Electomagazine.
C’è, infatti, a Monfalcone, un caso a me noto che risponde al nome di Cristiano Leban. E quando parlo di genio intendo il termine non nel senso limitato all’eccezionalità di un talento o ad una spiccata vocazione, ma nell’accezione di chi ha saputo, nel percorso della sua vita, accogliere le sfide che ogni desiderio contiene in sé.

Perché desiderare – evento ben diverso dal volere vegetativo – significa abbandonare la via certa, segnata, per seguire a proprio rischio e pericolo la vocazione del momento con il massimo impegno e la massima determinazione.
In fondo, questa non è altro che la vita, quell’unica impresa che ci è data da sperimentare, in cui la curiosità fa da motore, la passione il carburante, il rigore la precisione nella guida, la perseverazione la costanza nel seguire la mappa decisa.
Ecco spiegate, quindi, le diverse imprese esistenziali di Leban e le sue scelte tanto differenziate.
Da musicista e compositore a scalatore, da ricercatore in pittura a sperimentatore nella scultura, dall’ardimento nella composizione artistica all’unicità dei singoli lavori.
Intuizione, coraggio, apprendimento e costanza. Tanto che Vittorio Sgarbi, per l’Editoriale di Giorgio Mondadori nel 2004, così scrive: “La sua ricerca informale rivela infatti una lucida consapevolezza delle forze che lo spingono a rielaborare in immagini efficaci quello che si agita a livello del suo inconscio”.
È questo il passaggio che ritengo fondamentale. Niente spontaneismo accattone di chi si pretende artista solo perché dà sfogo alle proprie pulsioni, né fotografo col pennello per descrivere compiacenze e facili attenzioni, ma “rielaborazione” – ecco la parola chiave – per esprimere in simboli l’indicibile, per segnare sui diversi materiali usati il lavoro concettuale sulle proprie sensazioni.
“Dialogo continuo fra la materialità e l’ombra del reale”: dove c’è materia dev’essere evidenziato il suo aspetto immateriale, che possiamo definirlo come animistico, spirituale, speculativo, poco importa. Non è il concretismo della realtà, né l’impressionismo romantico, né l’avanguardia metafisica, né la trasgressione futurista, né altro ancora.
Insomma, è il solo e l’unico Cristiano Leban: e non è poco.
