A me sta simpatico. Da sempre. E so che è simpatia da ben pochi, e poche, condivisa. Tant’è che le mie colleghe, con qualche eccezione, evitano sempre di spiegarlo. O anche solo di menzionarlo. Mica è un poeta serio… E, poi, maschilista come pochi. Becero. A tratti volgare…
Però Dante, a quanto pare, lo stimava. Al punto di intrattenere con lui una relazione amicale. E di intrecciare, metaforicamente, le spade in una tenzone. Peccato che di questa la parte dell’Alighieri non ci sia giunta…il che permette a qualche critico bigotto di continuare a sostenere che sia solo menzogna. Una bufala. Come oggi si dice un fake. Inventato di sana pianta da Cecco per accreditarsi. E darsi lustro…
Sciocchezze. Lui, Cecco Angiolieri, non era uomo da inventare una simile storia. Anche perché della fama e della gloria come poeta non gli importava un fico secco. Scriveva per divertimento. E per dare sfogo al suo spiritaccio tutto aretino. A quel carattere sanguigno, passionale, iroso e ironico che tanti guai gli portò per tutta la vita.
Con Dante doveva essere amico davvero. Anche perché il Poeta era ben altro dall’immaginetta oleografica che presentiamo a scuola. Certo, è il cantore di Beatrice. Del Sacro Amore. Ma mica per questo se ne stava tutto il giorno in solitudine pensosa. Dante era uomo vero. Di carne e sangue. Passionale e intenso come pochi. Passionalità che sfogava nella lotta politica. Da uomo di parte. Fazioso come solo un fiorentino può essere. Ma era anche uno cui piacevano le donne. E non si parla di quelle angelicate. Basti leggere nelle Rime, quanto scrive di Violetta e Pargoletta…e poi Boccaccio, il suo primo biografo, dice, papale papale, che “in lui la lussuria avea parte grandissima”. E volete non credere, in queste cose, al Boccaccio?
Comunque Dante e Cecco si dovevano conoscere e frequentare, quando l’aretino era esule a Firenze. Esilio non tanto politico, quanto dovuto a debiti di gioco, risse da taverna e mascalzonate varie.
E dove si frequentassesero non è difficile immaginare. Le taverne, che erano il regno di Cecco, grande bevitore di vino. E giocatore di dadi. E dalle quali anche l’Alighieri era attratto. Se è vero che il suo, ben più austero, amico, Guido Cavalcanti ad un certo punto lo rimprovera con asprezza: I’ vegno il giorno a te infinite volte /e trovoti pensar troppo vilmente…
E parla, esplicitamente, di cattive compagnie. Forse proprio Cecco. O fors’anche il Ciacco dell’Anguillara che finirà all’inferno. Tra i golosi.
Comunque, Cecco è anche un poeta vero. Bastardo nella scelta dei temi, certo. Ma di straordinaria efficacia nel trattarli. Dal celebre “S’io fossi foco” al contrasto in cui corteggia la Donna amata. Che chiama Becchina…e questo già la dice lunga assai sul tipo d’amore…
Comunque, come dicevo, a me Cecco sta simpatico. Come mi stanno simpatici altri irregolari. Pietro l’Aretino. Benvenuto Cellini. Venendo più vicini a noi Louis Ferdinand Cèline.
In modo diverso, rappresentano l’anello che non tiene di quella catena che ci imprigiona nella realtà ordinaria. Una crepa nel muro massivo delle convenzioni… Una rivolta, anche. Magari irredimibile e giocosa, come quella dell’Angiolieri.
Era una eccentricità, un ribellismo schietto. Nessuna posa. Nessun atteggiamento ipocrita. Perché essere così, a quel tempo, si pagava. E non portava fama e fortuna.
Ben diverso da oggi. La, cosiddetta, trasgressione è solo moda. Applaudita dai media. Ammirata dal gregge.
E così vediamo poetastri in auge per le banalità che scrivono. O hanno scritto. Una ricetta semplice: droga, alcool, sesso.
E cantanti atteggiarsi a grandi ribelli. Vestirsi in modo….strano. O cantare che vogliono una vita estrema. Spericolata. Per poi girare con due mascherine, e correre a farsi tutte le dosi dei vaccini possibili. Ribelli, che ci tengono, però, alla salute. E con una grande paura di nostra Sora Morte corporale.
Fosse qui Cecco, riderebbe loro in faccia. Di gusto. Magari, dopo, bevendo vino sincero, li coprirebbe di improperi poetici. Cosa in cui era davvero maestro…