Piovono lapilli su Catania. Lo vedo in alcuni post su fb. I siciliani, lo so bene, non ci fanno, quasi, caso. La vita continua normale. ‘A Muntagna, come chiamano l’ Etna, è per loro una presenza abituale. Una convivenza… ancestrale
Eppure, dalle foto, sono grandi come sassi. E neri come pece. Fanno una certa impressione a chi non è uso ai vulcani. Alle terre che da questi vengono periodicamente asperse di ceneri…
Strano… convivono col vulcano con la minaccia di una terra che potrebbe tremare, esplodere. Incendiarsi ed ardere… Talvolta, mi si dice che qualcuno si inerpichi lungo i pendii, come si faceva noi sulle Dolomiti. Gita in montagna. Solo che lì cammini fra neve e lava rappresa, affilata come lama di pugnale . E, talvolta ai lati del sentiero, scorrono rivi non di acqua. Ma di lava. 1200 gradi. Un paesaggio… dantesco.
Trovano usuale la pioggia di cenere e lapilli. Non hanno paura… di qualcosa che potrebbe, davvero, paralizzare per il terrore…
E poi vanno nel panico, come tutti, per un virus. Invisibile e, tutto sommato, fantomatico. Potenza della suggestione mediatica. Paura di ciò che non si vede. Come il mostro nell’armadio dei bambini…

Eppure proprio l’Etna, con la sua perdurante minaccia, dovrebbe insegnare il non senso di questa paura cieca che attanaglia il mondo, e l’Italia sopratutto, da un anno buono. Perché ti dimostra la precarietà dell’esistenza umana. L’ assurdità del pretendersi immortali. Che è poi la causa della paura dominante. Nonché lo strumento del potere di mediocri e dei meschini…
Alla fine tocca sempre tornare a lui. Al Conte Giacomo. A Leopardi… No. Non è, solo, una delle mie (molte) fisse. È che il Recanatese aveva la vista lunga. E una sensibilità esacerbata. Sottile. Quasi da veggente. Anche se a tali cose lui, figlio del sensismo, non poteva credere.
Comunque, ricordate La Ginestra? Il poeta, nell’ultimo scorcio della breve vita, guarda le rovine di Pompei. E pensa, e scrive ” ecco come finiscono le magnifiche sorti e progressive”.
Nulla di più attuale. Profetico. Siamo qui, da un anno, che ci chiudiamo o lasciamo chiudere in casa come sorci. Che subiamo proni ogni soperchieria. Mascherine, destanziamenti, divieti, soprusi assurdi da assurdi personaggi. E tutto in nome della nostra preziosa salute. Della nostra paura. Di quel “Non voglio morire!” che ci ripetiamo ossessivamente, come un mantra infernale….

E, invece, si può morire in ogni momento. E tutta la scienza, vera o presunta, tutta la nostra albagia non può farci nulla. Non c’è e non ci sarà mai vaccino che possa immunizzare contro la morte. Perché fa parte della natura delle cose. Come noi, d’altronde. Anche se rifiutiamo disperatamente questa idea. E, per paradosso, è proprio tale rifiuto a renderci infelici e disperati.
Basta un vulcano, come l’Etna in questi giorni, per ricordarcelo. Uno spettacolo terribile, certo. Eppure di straordinaria bellezza. Pioggia di ceneri, colate di lava. Lapilli fiammanti…
L’Etna ci sta mostrando cosa sia la vita. E mettendo di fronte alle nostre contraddizioni. Dovremmo ascoltarlo tutti. Non solo in Sicilia.