Centomila nuovi posti di lavoro entro il 2026. Centomila nuovi lavoratori che potrebbero, e dovrebbero, cambiare l’Italia. Non si tratta delle solite berlusconate ma della necessità del settore culturale della pubblica amministrazione e dei privati. Solo per sostituire chi andrà in pensione. Ma, ovviamente, se finalmente si facesse funzionare decentemente il comparto, le ricadute occupazionali potrebbero essere decisamente superiori.
Già così, comunque, il governo di destracentro avrebbe la grande ed irripetibile occasione di lasciare un segno, di metter fine ad una egemonia gauchista ormai arrivata al pussacaffè ed in grado di far solo danni. Servono architetti, e la “morchia” (come l’ha definita l’architetto toscano Camaiora) lasciata da Dc e Pci testimonia chiaramente il disastro provocato dopo la guerra da chi è intervenuto nelle città, sulle coste, nelle località alpine.
Ma servono operatori culturali di ogni tipo ed in ogni ambito. Peccato che gli inizi della destra fluida di governo non siano proprio incoraggianti. Che si tratti di musei, di arte, di musica, di libri, di informazione le scelte o non sono state fatte o sono imbarazzanti.
Indubbiamente non si tratta di un compito facile poiché, come scrive Marcello Veneziani su La Verità “in passato i governi di centro-destra furono timidi sul piano delle nomine, praticarono il feudalesimo nominando vassalli ad personam, fiduciari del leader o di chi ne faceva le veci; alcuni settori restarono inviolati, cioè furono lasciati in subappalto tacito al partito-regime, il braccio politico dei Poteri, vale a dire la sinistra”.
E questo ha portato alla creazione di un colossale bacino di clientes che la gauche criquet ha sempre collocato dove fosse più utile per la trasformazione della società secondo la propria visione politica e culturale. Mentre la destra già potenzialmente fluida si impegnava a contrastare la crescita della cultura della propria area se non rigorosamente ossequiente nei confronti del lider maximo di turno, dei ras nazionali e dei cacicchi periferici.
Ed ora, ovviamente, non si sa come affrontare la carica dei centomila. Perché non bastano i “Mille di Meloni” per cambiare l’Italia. Servono anche i centomila di Sangiuliano. Ed invece ci si ritroverà con i centomila, pescati a sinistra, che condizioneranno i mille indicati al vertice dalla destra fluida di governo. La farsa che si sta recitando a Torino per scegliere il direttore del Salone del libro è il simbolo di questa incapacità di affrontare le scelte in ambito culturale. Con un assessore regionale alla cultura, scelto dal centrodestra che guida la Regione, che sostiene la candidata che si era presentata alle elezioni regionali in una delle liste a fianco del Pd.