Daniele mi viene incontro. Ha gli occhi colmi di lacrime. La voce rotta.
“È morta la Rosa” mi dice, abbracciandomi.
Guardo attraverso la vetrata del ristorante bar, o meglio della trattoria locanda dove, da tempo immemorabile, trascorreva le sue giornate. Delle cinque di mattinata a mezzanotte passata. Dormendo solo poche ore al piano di sopra.
Il corpo è ancora lì. Il corpo…un fagottino ricoperto alla bell’e meglio da un lenzuolo.
“È appena accaduto. Un colpo secco. Al centro del bar.”
Beh, in fondo, è andata come avrebbe voluto…nel luogo e tra le persone che erano tutta la sua vita…
“Già…non ce la vedevo proprio in un letto d’ospedale. O peggio, in una sedia a rotelle…. però…mi mancherà.”
Anche a me. Nonostante la conoscessi da poco…
Ora, sarebbe legittimo chiedersi a chi mai potrebbe interessare questa storia… Anche se già mi pare di sentirlo il direttore: perché credi che le altre che racconti interessino a qualcuno?
Però, vedete, ci sono delle figure, dei personaggi, per dirla con Pirandello, che segnano una comunità locale. La cui presenza non è, solo, caratteristica, una nota di colore… pittoresca. È una presenza che segna un luogo. In qualche modo ne incarna l’anima. O, per lo meno, i suoi aspetti nascosti. Segreti.
Sono figure fondamentali in una comunità. Anche quando sembrano eccentriche. Marginali. Anzi, proprio per questo. Perché non esprimono una qualche forma di potere. Non rappresentano uno status sociale, un ruolo pubblico definito. Eppure esercitano una influenza difficile da determinare. Da comprendere. Tant’è che, spesso, si comprende davvero cosa fossero, cosa rappresentassero, solo quando vengono a mancare. Spariscono. E resta un vuoto. E di quel vuoto ci si rende, d’improvviso, conto.
Fellini, in quello che resta il suo film migliore – forse non il capolavoro artistico, ma sicuramente il migliore e il più… suggestivo – che è “Armacord”, ci ha fornito un variegato repertorio di tali personaggi. Filtrati e trasfigurati dalla memoria, come sempre accade. Ma è proprio questo filtro, la memoria, meglio ancora il ricordo che ci dice quanto queste, strane, figure, fossero importanti. Quanto e cosa abbiano rappresentato.
E se devo ricordare la cittadina della mia giovinezza, non mi vengono in mente i nomi dei sindaci che si sono succeduti, e delle loro opere. Questo è lavoro per eruditi di storia locale. Topi di biblioteca e archivio.
Ma nitido è il ricordo di Ermanno il Pinguino. Che gestiva un bar che, appunto, “Il Pinguino” aveva come insegna. Era stato, in giovinezza, un barman finito, da grandi alberghi e crociere. Quando questi erano ancora, davvero, qualcosa di esclusivo. Poi, però, era diventato il principale consumatore di ciò che serviva. Ed era finito a gestire un bar di periferia. Dopo metà pomeriggio oscillava paurosamente dietro al bancone. E non aveva bisogno di fare alcun sforzo per agitate lo shaker…. Però si andava lì ad ascoltare le sue, lunghissime, dissertazioni. Memorie e divagazioni alcoliche.
E c’era Tullio Maria. Un nobiluomo che, dopo una vita da dirigente d’azienda, aveva rilevato una tabaccheria. E l’aveva trasformata nel Club della pipa. Era un grande narratore di storie. Sopese tra le vere esperienze e le guasconate più smaccate.
Intorno a lui una strana corte di personaggi. Il simil Milord britannico, sempre elegante in tweed e regimental. Il vecchio sindacalista comunista che si stteggiava a Lama (Luciano) di provincia. Il reazionario monarchico nostalgico dei Borboni di Napoli…
Una straordinaria corte dei miracoli. Vi passavo ore. A fumare trinciati. E ascoltare. Conversazioni, dialoghi, diatribe…una Vera scuola. Di cultura e vita.
Ma quando Tullio morì, investito da un’ auto mentre andava in bicicletta, il Club morì con lui. E la città perse una parte della sua anima….
Non so che sarà qui, da ora in poi. Può darsi che il bar trattoria della Rosa continui ad esistere. Può darsi che cambi gestione, o addirittura che chiuda. In realtà conta poco. Era lei che contava. Che faceva la differenza, e caratterizzava l’ambiente. Col suo modo ruvido e brusco di appellare i clienti. Mocciosi! Anche se cinquantenni. Fanciulli! Ed erano oltre i sessanta.
Lei sembrava senza tempo.
“Credevo che fosse immortale…” ha commentato più di qualcuno.
Non lo era. Non fisicamente almeno.
Sotto un altro punto di vista….
Ciao Rosa.