C’era una volta…no, non un Re. E neppure un pezzo di legno. C’era una volta…un Principe. Un Principe vero. Ma in un’epoca in cui i principi veri erano spariti. Venivano irrisi. E si confondevano sempre più con i cafoni. I coatti.. . insomma si andavano ingaglioffendo. Per essere accettati dalla nuova società. Che voleva tutti uguali. Non nei diritti, che sarebbero stata cosa bella e buona. Ma nella volgarità. Che è cosa, sarete d’accordo con me, brutta e cattiva.
Comunque, lui, il principe, era restato fedele a se stesso. E alla storia della sua casata.
Che risaliva, almeno per un ramo, a Marius Scoto. Un capoclan scozzese, che guidò in Italia i suoi highlander. Per combattere i Longobardi a fianco di…Carlo Magno. E, come si dice a Roma, “Mica te dico cotica”.
Un altro, Neri Sforza, era stato un capo ghibellino nella Firenze del ‘200. Una generazione prima di Dante. E un altro ancora, Ranieri mi pare, aveva combattuto a Lepanto…una storia di famiglia così, insomma.
Lo chiamavano tutti, familiarmente, Lillio. Ma il suo nome era Sforza Marescotto Ruspoli, principe di Cerveteri. E un’altra ventina di titoli troppo lunghi da ricordare.
Gli piacevano le donne. Ma non era un nobile da night. Fece sempre politica. Con l’orgoglio di stare dalla “parte sbagliata”. Ovvero quella che aveva perso, mentre quasi tutti, nel suo mondo, correvano sul carro del vincitore.
Amico stretto di un altro “principe nero” (non solo perché appartenente alla nobiltà pontificia) Junio Valerio Borghese, fece parte del Fronte Nazionale. Fu vicino al MSI, ma anche a Nuova Repubblica di Randolfo Pacciardi. Pino Rauti, nel corso della sua breve, e sfortunata, segreteria, lo volle candidato a Sindaco di Roma. Memorabile la sua conferenza stampa televisiva.”Roma è stata costruita dai Papi e da Mussolini. Distrutta da democristiani e comunisti” dichiarò incurante dell’espressione esterrefatta del conduttore.
Ancora più memorabile il Duello Rusticano con Tonino dì Pietro. Che Giuliano Ferrara aveva voluto, su LA7, a pochi giorni dal Duello Berlusconi/Prodi, andato in onda da Bruno Vespa.
Straordinario. Un fuoco di fila di battute, nel quale Lillio soverchiò di gran lunga il magistrato dì Montebisacce.
Seguendolo, però, mi ricordo di aver avuto la netta sensazione che quel dibattito rappresentasse gli Italiani e i loro umori molto più dell’altro…
La sua Destra era ideale, forse anche onirica. Tant’è che l’ultimo dei movimenti politici che aveva fondato, si chiamò “Il vento del Sud. Viva Zapata!” Risposta alla Lega Nord di Bossi, certo. Ma, soprattutto esempio di una personalissima visione rivoluzionaria e conservatrice. Aristocratica e populista.
Aprì sempre, con generosità, il suo palazzo romano, vicino a via del Corso, alle iniziative culturali di un mondo di Destra alternativo. Ed emarginato. Ricordo che vi presentammo uno dei primissimi libri di Alexander Dugin tradotti in italiano. E un saggio su Machiavelli di Michael Ledeen, consigliere di Bush padre, considerato uno degli ideologi del nuovo conservatorismo statunitense.
Le cronache ricordano che quando la giovane Elisabetta, appena divenuta Regina, venne in visita a Roma e fu dato un ballo in suo onore, fu chiamato proprio lui, Lillio, per farle da cavaliere. Questione di etichetta. Ci voleva un Principe di antica casata. E la sua, per altro, era molto più antica di quella degli Hannover Windsor.
Riposa in pace con i tuoi antenati Sforza Marescotto Ruspoli. Lillio.