C’era una volta il Giro d’Italia. Non solo una corsa ciclistica ma un evento. Anzi L’Evento. In grado di muovere folle enormi, di spostare milioni di italiani, di farli uscire di casa per aspettare – nei luoghi più scomodi da raggiungere – ore ed ore sotto il sole cocente o sotto la pioggia gelida che si trasformava in neve, il passaggio rapidissimo di un campione in fuga, di un plotone compatto, di un ritardatario che tentava disperatamente di rientrare nel gruppo.
Poi è arrivato il Covid e sono arrivati gli imbecilli che vietavano di attraversare un bosco perché il virus si nascondeva dietro gli alberi. Guai ad uscire di casa. E si è persa la voglia di fare una scampagnata con il rischio di conoscere gente nuova, accomunata dalla medesima passione ma chissà se avrà fatto il vaccino. E quante dosi? E avrà indossato correttamente la mascherina?
Come distruggere una passione popolare che durava da troppo tempo per piacere agli oligarchi di casa nostra. L’unico sport in grado di far concorrenza al calcio. Meglio che i sudditi seguano i campioni in tv. Già, ma bisognerebbe averli, i campioni. Bisognerebbe convincerli che il Giro vale quanto il Tour. E invece no. Sempre meno campioni raccontati sempre meno bene dai telecronisti. D’altronde la Gazzetta dello Sport è entrata nella scuderia di Urbano Cairo. Dunque è stata cancellata ogni idea di far partecipare i ciclisti migliori, è stata cancellata ogni idea di coinvolgere il pubblico.
Così lo spettacolo è diventato meno attraente, nessuno discute più dei nuovi Coppi e Bartali, di Balmanion e Anquetil, di Motta e Adorni, di Gimondi e Merckx, di Bugno ed Hinault, di Pantani e Indurain. Diventa difficile, se non si è super esperti, ricordare chi ha vinto gli ultimi Giri.
Cairo è il vero campione nella distruzione dell’entusiasmo. Prima ancora della guerra in Ucraina, prima del Covid. Carapaz, Hart, Bernal: “Carneade, chi era costui?” Anche se il povero filosofo greco era sicuramente più noto ai suoi contemporanei di quanto lo siano ora gli ultimi tre vincitori del Giro in versione Cairo. Il grande editore è riuscito a svuotare lo stadio del Toro, è riuscito a convincere i giocatori di calcio ad abbandonare la squadra. È riuscito a far dimenticare le grandi imprese del ciclismo di un passato lontano ed anche di quello più recente. Anche sui social il Giro è diventato marginale, grazie a lui. Un artista della noia..