Adalberto Baldoni e Alessandro Amorese hanno aggiunto un nuovo capitolo al loro lavoro di ricerca sulla Destra italiana del secondo dopoguerra.
Del primo vale la pena di ricordare “La storia della Destra – Dal Postfascismo al Popolo della Libertà” del 2009 uscito per l’editore Vallecchi, dal quale deriva in parte la “Storia dell’MSI”, giunta all’undicesimo capitolo, in via di pubblicazione sul bimestrale Storia-Rivista edito da Eclettica Edizioni di Alessandro Amorese. Dello stesso Amorese, in qualità di autore ed editore, ricordiamo, a chi non li conoscesse già, “Fronte della Gioventù – La Destra che sognava la rivoluzione: la storia mai raccontata” del 2013, e, del 2017, “FUAN – Prima parte: dai GUF al ’68 – Gli studenti nazionali tra piazze e atenei”.
Ora i due ricercatori hanno unito le forze nella compilazione de “I ragazzi del ciclostile – La Giovane Italia, un movimento studentesco contro il sistema”, uscito poche settimane fa e presentato in occasione delle maggiori fiere librarie italiane, compreso l’appena concluso Salone del Libro di Torino, nonché in diversi incontri pubblici.
Il volume, che si avvale della prestigiosa prefazione del presidente nazionale di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, racconta la storia della Giovane Italia, l’associazione degli studenti medi che, negli anni Cinquanta e Sessanta, si riconoscevano nei valori della destra politica.
I suoi primi passi risalgono all’autunno del 1950. Fu Giorgio Pisanò che, a Milano, diede vita e nome a questo sodalizio che, nel giro di pochi mesi dilagò per tutta la penisola. Furono decine di migliaia i ragazzi che, non ancora maggiorenni, e in quanto tali esclusi dal diritto di voto, vollero far sentire la loro voce.
Una voce che lo stesso partito di riferimento, vale a dire l’MSI, fu costretto ad ascoltare per non perdere contatto con un elettorato potenziale che, negli anni successivi avrebbe fatto la sua fortuna, non solo in occasione delle varie competizioni elettorali. Infatti la Giovane Italia mantenne fin dai suoi esordi un rapporto di sostanziale autonomia nei confronti della Destra politica. Come potevano dei ragazzini condividere le nostalgie legate al regime mussoliniano? Erano nati alla fine o subito dopo il Secondo Conflitto Mondiale, quindi per ragioni anagrafiche non si sentivano del tutto sodali con i loro camerati – allora si chiamavano così – di una o più generazioni precedenti. Prova ne sia che fin da subito vennero aboliti e vietati tutti i richiami simbolici al passato regime: quindi niente gagliardetti, saluti romani, vietati anche gli inni del ventennio nonché ritratti e busti del Duce.
Lo strumento principale fu, come dice il titolo del libro, il ciclostile, con il quale si stampavano non solo volantini ma una miriade di giornali e giornalini che venivano distribuiti capillarmente anche negli istituti scolastici più sperduti.
Il testo di Amorese e Baldoni ripercorre questa storia fino al suo epilogo, raccogliendo testimonianze importanti e “vissute” dei protagonisti di allora: da Pietro Cerullo a Amerino Griffini, da Walter Jeder a Enrico Nistri. Una carrellata importante su una pagina della storia repubblicana che andava assolutamente raccontata e che varrebbe la pena di approfondire ulteriormente.