Vorrei essere lì. Nella mia città d’origine. Che forse non è bella – anche perché, di fatto, è la Terraferma della Città unica al mondo, un incanto onirico sospeso sulle acque – ma è la mia città. E mi manca. Sempre, ma oggi più del solito.
Perché oggi i miei vecchi amici si ritroveranno tutti. O, per lo meno, quelli che ancora potranno farlo. Si ritroveranno nella vecchia chiesa del Cimitero per salutare uno che se ne è andato. O che, come dicevano gli alpini, è andato avanti.
Non è il primo. Anzi, notizie di questo tipo mi giungono sempre più di frequente. E non tirate fuori la storia del Covid per favore. Si muore anche di altro. Anzi, soprattutto di altro..
Dalla finestra dello studio nella mia vecchia casa vedevo bene il Cimitero. Gli alti pioppi. Che mi ricordavano i versi del Carducci in “Davanti a San Guido”, solo che lì è pianura. Non collina. La mia terra è piatta, gronda lagunare interrata.
D’estate potevo cogliere il riflesso abbacinante del Sole sui marmi tombali. Di notte, vedevo le luci tremolanti e spettrali dei lumi eterni.
Mi piaceva guardarlo da ragazzo. Mi piaceva e mi faceva paura. Cominciai così a comprendere che si muore. E a misurarmi con questa idea. In fondo, l’agone di tutta la vita.
Lì riposano, come si suol dire, tre generazioni della mia famiglia. Non sarà il mio destino, lo so. Ma dove dormi, dormi. Ed è inutile recriminare sulle scelte, e gli errori fatti. Non ha senso.
Li riposano anche molti amici della giovinezza lontana. Quella in cui ardevamo di inconsapevolezza. Che è un verso di Ungaretti, ma non sarei mai riuscito a dir meglio ciò che provo. E ricordo.
Se ne sono andati avanti nel tempo. Lasciandomi il ricordo di ciò che siamo stati. E che, forse da troppo tempo, non siamo più.
Anni furenti e duri. Di rabbia e violenza. Ma anche di passioni, sogni, ideali. Dove molti si sono giocati la vita. E la speranza del futuro..
Pure anni belli. Non solo perché, come dice Leopardi, è dolce ricordare il tempo passato, la giovinezza anche se fu dolorosa. Furono anni belli davvero. Intensi. Vissuti con intensità che, ormai, è solo memoria. E che non vedo nei giovani d’oggi, nei miei studenti, che si limitano ad esistere. Sarà perché sono vecchio… ma allora non ci nascondevamo tremebondi per un virus. E non ci lasciavamo ricattare per timore di non poter andare in vacanza a Ibiza…
Onde, inevitabili, di ricordi… la vecchia sede in Corso del Popolo. Le riunioni e le discussioni interminabili. I volantinaggi davanti a scuola. Il ciclostile. I comizi, gli scontri di piazza. Le cariche della celere.
Il Bar Sport dove trascorrevamo le giornate, soprattutto nelle estati afose. Discutendo, indolenti. E sognando, sempre.
Quelli che restano, quelli che potranno si ritroveranno lì, oggi. Per salutare uno di noi, un altro, che se ne è andato. Con il quale abbiamo condiviso molto. E litigato anche, perché nessuno di noi aveva un carattere facile. Non saremmo stati lì, da quella parte, altrimenti.
Vorrei essere con loro…
Ciao Bruno.