Come sono cattivi i golpisti del Niger che hanno abbattuto un governo fantoccio filofrancese, democraticamente eletto. Come sono buoni i golpisti del Gabon che hanno abbattuto un governo fantoccio filofrancese, democraticamente eletto. Dov’è la differenza? Semplice, nel caso del Niger i militari golpisti sono sembrati vicini alla Russia. Nel caso del Gabon il leader dei golpisti è un fantoccio degli Stati Uniti.
Il servilismo dei media italiani emerge in tutto il suo squallore. Perché, ancora una volta, c’è golpe e golpe. E se ad organizzarlo è Washington, allora il voto, la democrazia, i governi eletti non contano nulla. Non è neppure la prima volta che gli Usa organizzano colpi di stato per eliminare governi e presidenti alleati. Anzi, in Gabon è ancora andata bene perché il presidente filofrancese non è neanche stato assassinato.
Però proprio l’intervento statunitense rappresenta un durissimo atto di accusa nei confronti di Macron. Confermato, guarda caso, da una analisi del settimanale transalpino Le Point. Periodico considerato vicino al presidente ma anche ai dem americani.
Dunque l’attacco contro l’Eliseo è chiaro: la Francia ha dimostrato di non essere più in grado di condurre una politica africana e, di conseguenza, occorre che intervengano i padroni statunitensi per evitare che il Continente Nero sia spartito tra Cina, Russia, India ma anche Turchia, Arabia ed Emirati. Non a caso tutti membri, vecchi e nuovi, dei Brics con l’eccezione di Ankara.
Ovviamente, sullo scenario internazionale, nessuno prende in considerazione il ruolo mediterraneo del governo della famiglia Meloni o il velleitario piano Mattei.
Persino il Brasile intende approfittare della comunanza linguistica per avere un ruolo nell’Africa ex portoghese. Ma l’Italia di Tajani e Crosetto non conta nulla in Libia, in Eritrea, in Etiopia (che ha preferito i Brics), in Somalia. L’Africa non sa che farsene dei pretoriani di Biden. E, se deve avere a che fare con gli Usa, preferisce trattare direttamente con il padrone invece che con i maggiordomi.
Ovviamente il rifiuto africano dei francesi, e degli europei considerati come estensione parigina, non significa né unità di intenti continentale né una passione per russi, cinesi e tutti gli altri nuovi “amici”. Soltanto che tra la Francia che sfrutta le risorse africane e gli altri che accompagnano lo sfruttamento con investimenti sulle infrastrutture, gli africani hanno scelto gli altri. O gli statunitensi che investono nella corruzione dei leader.
Ma l’Europa che non ha risorse da investire – perché le sanzioni decise da Washington hanno distrutto l’economia e gli aiuti a Zelensky drenano il poco rimasto – è sempre più fuori dai giochi. Costretta ad accogliere eserciti di migranti senza aver la capacità di affrontare il problema. Che si trasformerà in uno dei tanti problemi.