Che fare delle chiese? Non una questione teologica, ovviamente, ma puramente architettonica. Perché, a livello religioso, è evidente a tutti che la frequentazione delle chiese, di qualsiasi tipo e di qualunque variante, è semplicemente crollata. E l’attuale papato ha fatto di tutto per ridurre ulteriormente la partecipazione dei fedeli. Ma questi sono temi che riguardano monsu Bergoglio. Ciò che, invece, è di competenza generale è il futuro degli edifici religiosi abbandonati.
Molti seminari e conventi sono stati trasformati in strutture ricettive, in hotel, ostelli, ristoranti. Però, molto spesso, si tratta di strutture troppo grandi in rapporto ai flussi turistici attirati dai territori in cui sorgono. Però, in caso di estrema necessità e per evitare che si trasformino in rovine anche pericolose, queste strutture potrebbero persino essere ristrutturate e trasformate in edifici residenziali.
Le chiese no. E non sono neppure adatte, nella stragrande maggioranza dei casi, per diventare musei. Certo, quadri, statue ed eventuali affreschi possono essere trasferiti altrove, ma che fare degli edifici, talora molto belli? Assurdo conservare chiese deserte, sprangate per evitare intrusioni. Ma anche difficile accettare che vengano semplicemente abbattute, per far posto a qualche speculazione edilizia. Inaccettabile perché le chiese sono state costruite con i sacrifici delle comunità locali. Già è indecente che in alcuni casi si faccia pagare l’ingresso per accedere a chiese realizzate con i soldi dei fedeli e non del Vaticano. Ma abbatterle per arricchire qualche palazzinaro è un’offesa alla memoria di chi ha pagato. Ed è un’offesa all’arte, all’architettura, all’urbanistica.
Però, per evitare l’abbattimento, occorrerebbero delle idee alternative. Non semplici palliativi tipo una mostra temporanea di quadri o manifesti. Anche perché, ormai, le chiese abbandonate sono sempre più numerose in ogni città, in ogni paese, compresi i più piccoli. E non si possono moltiplicare all’infinito le mostre temporanee adatte a questo tipo di edifici. Inutile, ovviamente, illudersi su una ripresa delle frequentazioni. Le parrocchie vengono decimate ed accorpate, i seminari sono deserti, i preti vengono importati da Africa e Asia e sono, comunque, sempre meno. Si preferisce far sociologia invece di occuparsi del Sacro ed è evidente che si assottiglino i gruppi di fedeli interessati a lezioni, spesso banali, di sociologia politicamente corretta. Dunque il problema resta e si aggrava. Mentre i portoni sbarrati delle chiese si moltiplicano e le idee latitano.