Dall’invidia sociale all’invidia nazionale. Per anni i tifosi di calcio italiani hanno esaltato le squadre che investivano quantità impressionanti di denaro per acquistare i giocatori più famosi. E, da perfetti saltatori sul carro dei vincitori, hanno ignorato plusvalenze fasulle, bilanci truccati, violazioni di ogni regola. Bastava vincere.
Poi, però, sono arrivati oligarchi russi e sceicchi arabi. Che hanno comprato squadre francesi, tedesche, inglesi. E per le équipes italiane è stata notte fonda. Anche nei confronti degli spagnoli, con denaro spagnolo. Ma pazienza.
Adesso, però, gli arabi hanno deciso di mettersi in proprio. Ed il calciomercato ha registrato una folle corsa verso l’alto. Con cifre da risanamento del bilancio pubblico per ingaggiare un bipede con manie da tuffatore/urlatore. Ed è scattata l’indignazione a comando. Quando una squadra italiana scippava un giocatore alla rivale, mettendo più soldi sul tavolo, partivano gli applausi ed i cori con la ola. Seguiti da interpretazioni sociologiche sul superamento delle vecchie logiche dei “giocatori bandiera”. Roba antica, inutile, retaggio di un calcio morto e sepolto, in nome del turbocapitalismo anche nello sport.
Ora che il medesimo sistema viene applicato, su scala molto più alta, dall’Arabia Saudita, allora non va più bene. Perché ci si rende conto che, anche nel calcio, si è ormai irrilevanti. Che i patron delle squadre, quando sono padroni italiani, non hanno le risorse per competere non solo con gli sceicchi ma neppure con gli spagnoli. E se sono stranieri – dai cinesi agli statunitensi – o sono finanziariamente insignificanti a livello internazionale oppure considerano il calcio italiano come una robetta in cui non val la pena investire più di tanto.
Ovviamente le follie saudite non serviranno a creare un fantastico movimento calcistico nel mondo arabo. A differenza dell’ennesimo tentativo statunitense che, intorno a Messi, spera di creare davvero una realtà competitiva.
In Arabia gli acquisti servono soprattutto a creare immagine. Il Paese è impegnato in un radicale, e costosissimo, cambiamento. Non più il petrolio come unica fonte di reddito ma una diversificazione degli investimenti che mirano a trasformare Riad in una delle prime piazze finanziarie mondiali. Tra l’altro in totale concorrenza con gli Emirati. Ed il calcio dei supercampioni serve come vetrina internazionale. Con i diritti sul campionato ceduti, a prezzi modici, in tutto il mondo proprio per farsi vedere e conoscere.
Con buona pace di chi scambia due bambini sovrappeso con un nonno zoppicante, per una valutazione di 6milioni di euro per ciascun bambino e di 12 milioni per il nonno: la furbizia italiana..