Chi ha paura dell’intelligenza? Il potere, innanzitutto. E non da oggi. C’è un brano del solito immenso Gaber, “E pensare che c’era il pensiero”. È riferito agli ultimi anni del 900, ma da allora la situazione è precipitata.
Dovunque c’è un grande sfoggio di opinioni
piene di svariate affermazioni
che ci fanno bene e siam contenti
Un mare di parole un mare di parole
ma parlan più che altro i deficienti.
Il secolo che sta morendo
diventa sempre più allarmante
a causa della gran pigrizia della mente.
E l’uomo che non ha più il gusto del mistero
che non ha passione per il vero
che non è cosciente del suo stato
Un mare di parole un mare di parole
è come un animale ben pasciuto.
E pensare che c’era il pensiero
che riempiva anche nostro malgrado
le teste un po’ vuote.
Ora inerti e assopiti aspettiamo
un qualsiasi futuro
con quel tenero e vago sapore
di cose oramai perdute.

Forse, ora, non aspettiamo più un futuro. Viviamo in un eterno presente dove il pensiero è un fastidio intollerabile. Dove ogni dimostrazione di intelligenza, e di libertà, viene considerata un pericolo per la democrazia. Perché dobbiamo essere tutti uguali, tutti allineati al pensiero unico obbligatorio. In caso contrario scatta la censura. Sui social, innanzi tutto. E poi con i decreti fatti apposta per eliminare ogni possibilità di pensiero difforme. Vietate le barzellette, in quanto discriminatorie. Vietato scherzare con i compagni di scuola: è bullismo.
Il potere ha eliminato il dissenso, semplicemente abolendo il pensiero. Ad ogni livello. Inevitabile, perché una classe dirigente stupida ha il terrore di ogni dimostrazione di intelligenza. Nella politica, nell’economia, nell’arte. Forse la pietra tombale l’ha posta un altro cantautore, Francesco Guccini. Che, di fronte al proliferare di rumori molesti spacciati per canzoni, si è limitato a giudicare “inutili” i risultati di show canori televisivi, di costruzioni a freddo di nuovi finti miti musicali. Di fronte a cantautori che non arrivano a nessuno, perché nulla hanno da dire, Guccini si è ritrovato a rimpiangere vecchi brani come “Signorinella”. Non è una questione di età e di rimpianto del bel tempo antico. È una questione di stile, di intelligenza dei testi, di capacità nell’unire parole e frasi.

Un mare di parole, un mare di parole
io penso dunque sono un imbecille.
Il secolo che sta morendo
appare a chi non guarda bene
il secolo del gran trionfo dell’azione
Nel senso di una situazione molto urgente
dove non succede proprio niente
dove si rimanda ogni problema
Un mare di parole un mare di parole
e anch’io sono più stupido di prima.
E pensare che c’era il pensiero
era un po’ che sembrava malato
ma ormai sta morendo.
1 commento
È vero, il pensiero è stato soppresso, ma anche Guccini ha sposato tale causa,in fondo, poiché dove ancora c era un margine, una possibilità di azione data dalla Parola Pensata, ha scelto le parole che piacciono, le parole svuotate, quelle che un tempo,forse,non avrebbe celebrato.