Sua Divinità ha promesso ulteriori 600 milioni per risarcire l’economia montana dall’ultima porcata del ministro Speranza che, nel governo degli Incapaci, ha bloccato la riapertura degli impianti di risalita a 12 ore dalla riapertura. E come premio per la scorrettezza è transitato nel governo dei Migliori. Bene, pitost che gnente a l’è mej pitost. Però i problemi sorgono nella distribuzione del denaro. Perché, grazie a Speranza ed esperti a gettone, il mondo della montagna ha perso più di 4 miliardi di euro ed i 600 milioni diventano fondamentali.

Logica vorrebbe che i rimborsi andassero al “mondo della neve” nel suo complesso. Non solo agli impianti di risalita, perché 600 milioni rappresenterebbero un incentivo a non aprire mai più, visto che gli utili sono decisamente inferiori. Dunque hotel, ristoranti, negozi, servizi collegati. Sin qui, tutti d’accordo. Le difficoltà arrivano dopo. La cifra può essere spalmata anche nelle località di montagna che non vivono sul turismo dello sci da discesa? Chi non ha impianti di risalita ma piste da fondo ha diritto ai rimborsi?

È evidente che non possono essere comprese le comunità montane tout court. Perché nella categoria rientrano paesi che la neve non sanno cosa sia. E che, dunque, sono stati penalizzati per la chiusura generale per la quale ottengono altre mance governative.
La soluzione potrebbe consistere nel suddividere i 600 milioni sulla base del fatturato pregresso delle società che gestiscono gli impianti. Soldi da consegnare ai governatori regionali che, conoscendo il proprio territorio meglio di quanto lo conosca un funzionario del ministero, li potranno assegnare sulla base dei dati di realtà e non per le fantasie di uno Speranza qualunque.